La retribuzione a provvigione è una forma di compenso pensata per incentivare le lavoratrici e i lavoratori, permettendo ai datori di lavoro di collegare una parte dei costi del personale direttamente ai volumi di vendita.
In questo articolo vedremo cosa si intende per retribuzione a provvigione, in quali settori e per quali ruoli è maggiormente diffusa, e quali sono le ragioni che ne giustificano l’adozione.
Analizzeremo, inoltre, la possibilità di applicare questo tipo di retribuzione, in tutto o in parte, anche alle lavoratrici e ai lavoratori subordinati, oltre che agli agenti di commercio, che sono autonomi e soggetti al rischio d’impresa.
Vedremo poi come calcolare il valore delle provvigioni e quali sono i principali metodi utilizzati per determinarle. Infine, approfondiremo il trattamento delle provvigioni in busta paga, sia dal punto di vista fiscale che contributivo.
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Cosa significa retribuzione a provvigioni?
La retribuzione a provvigione è una forma di compenso basata sui risultati di vendita del lavoratore. In pratica, il guadagno deriva da una percentuale applicata al valore della vendita conclusa o del contratto firmato con il cliente, chiamata appunto provvigione.
Questo tipo di retribuzione è generalmente utilizzato in settori o per ruoli strettamente legati alle vendite. Pensiamo, ad esempio, all’ambito immobiliare, automotive, finanziario, o ai commerciali di aziende che vendono prodotti o servizi.
Il sistema di retribuzione a provvigione ha un duplice scopo: da un lato, consente al datore di lavoro di correlare i costi del personale alla reale produttività, in particolare al fatturato generato dai singoli collaboratori; dall’altro, offre al lavoratore la possibilità di guadagni superiori rispetto a uno stipendio fisso, pur comportando maggiori rischi in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi.
I dipendenti possono lavorare a provvigione?
La retribuzione a provvigione può riguardare sia i lavoratori autonomi, come gli agenti di commercio, sia i lavoratori dipendenti. Per questi ultimi, però, si può adottare una modalità di retribuzione mista, composta da:
- retribuzione fissa: una base salariale stabilita dal contratto di lavoro;
- retribuzione variabile: provvigioni collegate, ad esempio, al raggiungimento di obiettivi di vendita.
In Italia, molti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), come l’UNIONALIMENTARI, prevedono per le imprese e i lavoratori la possibilità di applicare questo tipo di retribuzione mista.
A differenza dei lavoratori autonomi, che operano interamente a provvigione e si assumono il rischio d’impresa in caso di mancate vendite e guadagni, per i lavoratori dipendenti è imprescindibile una componente fissa della retribuzione, che deve essere almeno pari al minimo salariale garantito dal CCNL.
Anche con un contratto che prevede una retribuzione in parte fissa e in parte a provvigione, il dipendente mantiene tutti i diritti legati al lavoro subordinato, tra cui:
- TFR (Trattamento di Fine Rapporto), calcolato mensilmente sul totale della retribuzione (parte fissa e provvigioni);
- ferie e permessi;
- congedo di maternità o paternità;
- malattia, infortuni, ecc.
Pertanto, per i lavoratori dipendenti, le condizioni lavorative e retributive devono rispettare quanto previsto dal CCNL di riferimento e essere chiaramente specificate nel contratto di lavoro.
Per approfondire i diritti summenzionati, invitiamo a consultare anche i seguenti articoli:
- Ferie non godute: come vanno gestite?
- Ferie negate per esigenze di servizio: cosa c’è da sapere
- Permessi retribuiti e permessi non retribuiti: quali sono
- Come ottenere e presentare il certificato di malattia
- Cosa succede in caso di infortunio sul lavoro?
- Come funziona il congedo di maternità INPS?
Come si calcolano le provvigioni dei dipendenti?
La componente variabile della retribuzione può essere calcolata in diversi modi, che devono essere chiaramente definiti al momento della firma del contratto. Questo permette sia al datore di lavoro che al dipendente di conoscere nel dettaglio i criteri di calcolo utilizzati e di capire come si arriva all’importo netto in busta paga, che può variare di mese in mese.
Ecco alcune delle principali modalità di calcolo delle provvigioni:
- costante: viene applicata una percentuale fissa sul fatturato generato direttamente dal dipendente o sul numero di affari conclusi;
- costante con premio: oltre alla percentuale fissa, l’incentivo prevede un premio aggiuntivo, di importo fisso, al raggiungimento di determinati obiettivi di vendita;
- crescente: la percentuale aumenta all’aumentare del volume di vendite generato;
- decrescente: al contrario, la percentuale diminuisce con l’aumentare delle vendite.
È quindi fondamentale, al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro, verificare con attenzione le condizioni retributive proposte.
Questo consente di stimare gli importi potenziali, le opportunità di guadagno effettivo e di valutare il rischio di percepire solo la retribuzione base in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di vendita.
Come vengono tassate le provvigioni in busta paga?
Come abbiamo visto, per i lavoratori dipendenti le provvigioni costituiscono una parte della retribuzione variabile e vengono incluse nel calcolo mensile degli importi indicati in busta paga.
Di conseguenza, anche questa parte della retribuzione contribuisce a determinare l’imponibile su cui si calcolano le trattenute IRPEF, a carico sia del datore di lavoro che del dipendente.
Le provvigioni, come la retribuzione fissa, sono inoltre soggette alle trattenute previdenziali INPS e ai contributi INAIL.
In sintesi, per i dipendenti, la provvigione è trattata alla stregua della retribuzione fissa, sia dal punto di vista fiscale che contributivo. Questo implica che anche le trattenute mensili avranno una componente variabile, rendendo l’importo finale in busta paga diverso di mese in mese.
Per quanto concerne le trattenute fiscali, invitiamo a consultare la nostra guida Cos’è l’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche)?.