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Licenziamento concordato: come funziona la risoluzione consensuale

Categoria: Lavoro
Lug 13, 2023
Redazione
Licenziamento concordato come funziona la risoluzione consensuale

Tra licenziamento e dimissioni, frutto rispettivamente della decisione unilaterale del datore di lavoro e della lavoratrice o del lavoratore, esiste una terza opzione, nota come licenziamento concordato o risoluzione consensuale.   

Come suggerisce il nome, si tratta di una sorta di fusione tra il licenziamento e le dimissioni, in cui le due parti si accordano per terminare il rapporto di lavoro in maniera consensuale a partire da una certa data stabilita.

Proviamo ad approfondire, cercando di capire cos’è il licenziamento concordato e come funziona la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. 

Cos’è il licenziamento concordato

Il licenziamento concordato, noto anche come risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o accordo di risoluzione, è una forma di cessazione del rapporto di lavoro in cui l’azienda e il dipendente concordano di porre fine al contratto di lavoro in modo amichevole e consensuale

In sostanza, il licenziamento concordato avviene attraverso una negoziazione tra le due parti interessate, anziché per decisione unilaterale dell’azienda o per giustificato motivo oggettivo.

La risoluzione consensuale richiede, appunto, il consenso di entrambe le parti coinvolte, che negoziano i termini dell’accordo per raggiungere un’intesa soddisfacente prima che il rapporto di lavoro venga ufficialmente risolto. 

Solitamente, l’accordo viene redatto per iscritto e firmato da entrambe le parti per attestare il consenso e l’accettazione delle condizioni concordate.

Perché optare per la risoluzione consensuale?

Per quale motivo datore di lavoro e dipendente dovrebbero optare per un licenziamento concordato, invece di procedere a un classico licenziamento per giusta causa o dimissioni volontarie? 

Le ragioni possono essere molteplici, ma in genere questa soluzione è considerata da preferire in presenza di determinate condizioni. 

Ad esempio, quando l’azienda ha necessità di ridurre il personale o apportare modifiche organizzative, ma vuole evitare procedure di licenziamento individuali. Di conseguenza, azienda e dipendente (di solito assistito dal sindacato al quale si può rivolgere se iscritto o da altro soggetto di fiducia) negoziano i termini dell’accordo, che possono prevedere l’importo dell’indennità di licenziamento, i pagamenti aggiuntivi, la durata del periodo di preavviso, eventuali restrizioni post-occupazionali e altre condizioni specifiche.

D’altro canto, un dipendente potrebbe aderire a una risoluzione consensuale per un maturato desiderio di lasciare l’azienda in modo amichevole, senza problemi o conflitti. Altre volte, invece, potrebbe considerare l’accordo come un’opportunità per ottenere un pacchetto di uscita migliore rispetto a quello che potrebbe ricevere in caso di licenziamento disciplinare o individuale.

In entrambi i casi, è sempre opportuno consultare il rappresentante della propria organizzazione sindacale oppure un avvocato o un professionista del lavoro specializzato (un soggetto abilitato), per ottenere una consulenza adeguata e garantire che i diritti e gli interessi di entrambe le parti, in particolare della lavoratrice e del lavoratore come previsto dal diritto del lavoro, siano adeguatamente tutelati durante il processo di licenziamento concordato.

Risoluzione consensuale e NASPI

In caso di licenziamento concordato vengono meno alcune tutele previste per le lavoratrici e i lavoratori, come la NASPI – l’indennità di disoccupazione riconosciuta in caso di perdita involontaria del lavoro. 

Per approfondire, invitiamo a leggere l’articolo Come funziona la disoccupazione (NASPI).

Trattandosi di una risoluzione consensuale, non può essere considerata involontaria, di conseguenza non è previsto il riconoscimento della NASPI, ma non sempre. 

Infatti, al verificarsi di determinate condizioni, il dipendente che ha sottoscritto un accordo di licenziamento concordato può richiedere l’indennità di disoccupazione

Ecco quando è possibile accedere alla NASPI in seguito a risoluzione consensuale:

  • come sancito dal D. Lgs 4 marzo 2015, n. 22, la NASPI è riconosciuta in caso di risoluzione consensuale solo nei casi in cui “quest’ultima sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato  dal comma 40 dell’articolo 1 della presente legge”. Cosa vuol dire? Che l’accordo deve essere sottoscritto tramite procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro;
  • se, in seguito a un licenziamento, la lavoratrice o il lavoratore ha accettato un’offerta di conciliazione rinunciando a impugnare il licenziamento;
  • se la risoluzione consensuale è conseguente al rifiuto da parte del lavoratore a trasferirsi in un’altra sede della stessa azienda, distante più di 50 Km dalla propria residenza o raggiungibile in oltre 80 minuti con l’utilizzo dei mezzi pubblici.

Detto questo, la NASPI non è mai dovuta per i dipendenti di aziende con meno di 15 dipendenti

Cosa sono gli incentivi all’esodo

Gli incentivi all’esodo sono misure o benefici economici offerti dall’azienda al dipendente come parte di un accordo di licenziamento concordato

Questi incentivi sono volti a incoraggiare i dipendenti ad accettare l’interruzione del rapporto di lavoro anziché resistere o contestare la decisione dell’azienda.

Gli incentivi all’esodo possono assumere diverse forme e dipendono dalla politica aziendale e dalle normative vigenti in materia di lavoro nel paese di riferimento. Alcuni dei più comuni sono i seguenti:

  • indennità di licenziamento: l’azienda può offrire una somma di denaro aggiuntiva rispetto alle indennità di licenziamento legalmente previste. Questo può essere un importo fisso basato sull’anzianità del dipendente o su altri fattori negoziati tra le parti. Per quanto concerne la tassazione, su queste somme si applica il medesimo regime fiscale previsto per il TFR e non gli scaglioni IRPEF standard. Lo spieghiamo al punto tre di questo elenco;
  • estensione dei benefici: l’azienda può estendere i benefici post-occupazionali, come l’assicurazione sanitaria o altri vantaggi, per un periodo più lungo rispetto a quanto previsto in caso di licenziamento disciplinare o individuale;
  • agevolazioni fiscali: gli incentivi all’esodo ricevono un trattamento fiscale di favore. Infatti, come accennato al primo punto di questo elenco, non si applicano le percentuali previste dagli scaglioni IRPEF, ma un regime di tassazione separata previsto per il trattamento di fine rapporto, come stabilito dall’art. 17 del TUIR. Questo regime utilizza un’aliquota media basata sui cinque anni precedenti al momento di percezione dei redditi da tassare separatamente. Inoltre, sulle somme erogate dall’azienda al dipendente non si pagano i contributi previdenziali;
  • assistenza nella ricerca di lavoro: l’azienda può offrire supporto o consulenza nella ricerca di un nuovo impiego, come corsi di formazione o servizi di ricollocazione per facilitare la transizione del dipendente verso un nuovo lavoro;
  • pensione anticipata: in alcuni casi, specialmente per dipendenti che si avvicinano all’età pensionabile, l’azienda può offrire opportunità di pensione anticipata come parte dell’accordo di licenziamento concordato.

Gli incentivi all’esodo possono variare notevolmente a seconda dell’azienda, del settore e delle circostanze specifiche. È importante che le parti coinvolte nell’accordo valutino attentamente i termini e le condizioni degli incentivi proposti prima di prendere una decisione.

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