Le lavoratrici ei lavoratori dipendenti, sulla base di quanto stabilito nei propri contratti di lavoro, sono tenuti a eseguire la propria prestazione lavorativa. Tuttavia, può accadere di non poter svolgere la propria mansione e di non potersi presentare sul luogo del lavoro, per varie ragioni, basti pensare anche solo a un’influenza oppure a un infortunio, ma anche a ferie e permessi.
Si tratta, nei casi appena citati, di assenza giustificata, documentata e, nel caso di ferie e permessi, anche concordata con l’azienda. Se, invece, la mancata prestazione non ha alcuna comprovabile motivazione, si parla di assenza ingiustificata.
In questo articolo vedremo a quali fattispecie si applica il concetto di assenza ingiustificata, per poi capire quali sono i rischi per lavoratrici e lavoratori che non riescono a motivare le proprie mancanze contrattuali.
Vedremo, poi, in quali casi scatta la sanzione più grave: il licenziamento. Inoltre, analizzeremo le tempistiche per la contestazione delle sanzioni comminate dall’azienda.
Infine, scopriremo qual è il legame tra il licenziamento per assenza ingiustificata e l’assegno di disoccupazione (NASPI).
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Cos’è l’assenza ingiustificata?
Malattia, infortunio, ferie, permessi, congedi parentali obbligatori e facoltativi, legge 104 per sé o per i familiari con disabilità: sono tutti casi in cui il dipendente si assenta dal lavoro per un giustificato motivo, nel pieno esercizio dei propri diritti sanciti dal contratto di lavoro, ma sempre nel rispetto delle regole che stabiliscono le procedure necessarie e la documentazione da produrre.
Se, invece, il dipendente non si presenta al lavoro e non fornisce alcuna giustificazione, ad esempio un certificato medico o le attestazioni rilasciate quando si va a donare il sangue, il datore di lavoro lo considera assente ingiustificato.
Dunque, l’assenza ingiustificata presuppone due elementi:
- mancata comunicazione con il datore di lavoro, che va fatta preventivamente o al più tardi lo stesso giorno in cui il dipendente non si presenta;
- assenza di documentazione che spieghi le ragioni dell’assenza.
Sia chiaro, gli imprevisti possono capitare a tutti, può succedere che accada qualcosa per cui la lavoratrice o il lavoratore si assenti e non sia in grado di avvertire l’azienda il giorno stesso; si pensi, ad esempio, a un grave incidente in cui il dipendente abbia perso conoscenza.
Anche in questo caso, però, parliamo di situazioni in cui si può provare oggettivamente il motivo della mancata prestazione, anche nei giorni seguenti o anticipando le ragioni via telefono, mail o messaggi di testo.
Tutto quello che non viene documentato e comunicato è invece da considerare a tutti gli effetti come assenza ingiustificata.
Cosa si rischia per assenza ingiustificata?
L’assenza ingiustificata è da considerare un illecito disciplinare, e potrà essere sanzionato sulla base di quanto previsto dal CCNL di riferimento. Non esiste, infatti, un impianto sanzionatorio uniforme per tutte le lavoratrici e i lavoratori, poiché ogni contratto ha le sue specifiche previsioni.
Lo spettro sanzionatorio è ampio e va dall’inazione del datore di lavoro, che per un caso isolato può decidere di non procedere con le sanzioni, fino al licenziamento, di cui parleremo diffusamente in seguito.
Nel dettaglio, è possibile procedere con:
- un richiamo verbale, a cui non fa seguito un vero e proprio provvedimento;
- un richiamo scritto, consegnato a mano o a mezzo raccomandata AR, definito anche ammonizione;
- una multa addebitata in busta paga;
- un trasferimento per incompatibilità con colleghi o superiori;
- il licenziamento.
Ogni sanzione ha degli iter precisi, previsti dai Contratti Collettivi Nzionali, che indicano:
- le sanzioni applicabili all’assenza ingiustificata;
- il numero massimo di assenze ingiustificate oltre il quale si può incorrere nel licenziamento.
Dunque, è fondamentale conoscere il proprio contratto di lavoro al fine di comprendere quali sono i propri diritti, i doveri e anche le sanzioni a cui si va incontro in caso di negligenza.
Quando scatta il licenziamento per assenza ingiustificata?
Come detto, nei casi più gravi, come l’assenza ingiustificata prolungata, è possibile incorrere nel rischio di essere licenziati, a causa del mancato adempimento da parte del lavoratore dei propri obblighi contrattuali.
Tuttavia, il cosiddetto licenziamento disciplinare può essere suddiviso in due tipologie:
- licenziamento per giusta causa, che comporta l’allontanamento immediato dal lavoro per impossibilità di portare avanti il contratto anche per un solo ulteriore giorno. Parliamo di una scelta che scatta dopo diversi giorni di assenza ingiustificata e il datore di lavoro deve dimostrare che il dipendente ha commesso gravi violazioni del contratto di lavoro;
- licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ad esempio per una sopravvenuta incompatibilità tra azienda e lavoratore. In questo caso, però, il datore non può licenziare “in tronco”, ma deve rispettare il periodo di preavviso previsto dal contratto o pagare l’indennità sostitutiva di preavviso.
La valutazione della gravità delle azioni compiute dal dipendente deve considerare due punti di vista:
- oggettivo, quindi sulla base del ruolo che il lavoratore ricopre. Ad esempio, un chirurgo super specializzato che non si presenta per un intervento che possono fare solo lui e pochi altri nel mondo, compie un atto più grave rispetto all’assenza di un impiegato in un grande ufficio con colleghi che in emergenza possono sopperire alla sua assenza;
- soggettivo, attraverso l’analisi delle ragioni per cui la persona interessata si è comportata in maniera negligente.
La scelta del licenziamento è molto grave, e occorre fare riferimento alle regole previste nel CCNL per poi procedere con una valutazione caso per caso.
Quanto tempo c’è per contestare una assenza ingiustificata?
Abbiamo detto che le assenze ingiustificate sono regolate dai diversi CCNL, tuttavia lo Statuto dei Lavoratori prevede uno specifico iter procedurale relativo alle tempistiche necessarie:
- la lettera di contestazione deve essere inviata non appena si verifica il mancato rispetto delle regole;
- il lavoratore ha cinque giorni di tempo per poter presentare le proprie motivazioni scritte o per chiedere di essere ascoltato dal datore di lavoro, in questo caso non ci si avvale dell’assistenza di un avvocato, mentre può partecipare all’incontro un rappresentante sindacale;
- comunicazione dell’azienda dell’esito del procedimento disciplinare e applicazione della relativa sanzione (per esempio multa, trasferimento o licenziamento).
Nel caso in cui il lavoratore ritenga gli sia stata comminata una sanzione troppo severa o ingiusta rispetto a quanto è accaduto, ha diritto di contestarla, rispettando i seguenti termini:
- entro 60 giorni deve comunicare all’azienda la decisione di opporsi, a mezzo raccomandata AR o PEC;
- entro 180 giorni deve depositare il ricorso al tribunale territorialmente competente.
Dopodiché, si avvierà l’iter giudiziario fino a sentenza definitiva.
Chi viene licenziato per assenza ingiustificata ha diritto alla disoccupazione?
Il licenziato per assenze ingiustificate – che rientra, come spiegato, tra le casistiche di licenziamento per giusta causa – produce uno stato di disoccupazione involontaria ai fini del diritto alla NASPI.
Il problema, in questo caso, consiste nei possibili abusi, cioè in assenze ingiustificate poste in essere deliberatamente per poter giungere a percepire la NASPI, a cui invece non si può accedere se il lavoratore si licenzia volontariamente.
Purtroppo, dobbiamo dire che i pareri della Cassazione non sono concordi su questo fronte.
La sentenza 25583/2019 stabilisce, infatti, che questi comportamenti sono da ritenere completamente elusivi, nei confronti del datore di lavoro, che per la NASPI versa un ticket a proprio carico, e dell’INPS. In questi casi, se accertati, il lavoratore dovrebbe risarcire l’azienda per il ticket versato, mentre con l’INPS può sorgere un contenzioso che porta al mancato accesso alla NASPI se non ancora avviata o al diritto dell’Istituto di Previdenza di chiederne il rimborso, inclusi sanzioni e interessi.
Tuttavia, sempre la Cassazione, con l’ordinanza n. 27331/2023, stabilisce, che a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 26 Dlgs 151/2015 che impone specifiche modalità per le dimissioni, il datore di lavoro non può ipotizzare l’intento elusivo del lavoratore dal momento che sono ormai previste rigide procedure telematiche per dimettersi che impediscono di licenziare ed essere licenziati con con modalità diverse.
Per approfondire, invitiamo a leggere l’articolo Qual è la differenza tra licenziamento e dimissioni.
In sostanza, si tratta di una pratica, quella elusiva, che comporta molte incertezze e rischi, dunque il lavoratore dovrebbe accertarsi che le proprie azioni non portino a conseguenze finanziariamente negative anche a distanza di anni dall’ottenimento della disoccupazione.
Per questo motivo, è sempre molto importante confrontarsi con le organizzazioni sindacali al fine di valutare gli spazi dei propri diritti/doveri previsti dalla legge.
Leggi anche il nostro articolo Come funziona la disoccupazione (NASPI).