Nell’ambito del welfare aziendale ricoprono un ruolo molto importante i cosiddetti fringe benefit, ovvero qualsiasi beneficio fornito da un datore di lavoro a un/a dipendente al di fuori del pagamento della retribuzione.
Nel linguaggio quotidiano vengono definiti pagamenti o compensi “in natura”, nel senso che invece di riconoscere un plus in denaro al dipendente si offre un bene o un servizio aggiuntivo al salario.
Come vedremo più nel dettaglio nel corso dell’articolo, i fringe benefit godono di una serie di vantaggi fiscali, che li rendono particolarmente apprezzati dai lavoratori oltre che dai datori di lavoro.
Approfondiamo insieme e cerchiamo di capire cosa sono e come funzionano i fringe benefit, e quali beni e servizi rientrano in questa definizione.
Indice dei contenuti
Cosa sono i fringe benefit
Come accennato prima, i fringe benefit sono compensi “in natura”, offerti in misura accessoria alla retribuzione ordinaria, indicati comunque in busta paga, che possono goderne in misura esclusiva o nell’interesse congiunto proprio e dell’azienda.
Dal punto di vista normativo sono definiti e regolati dal Testo unico delle imposte sui redditi (22/12/1986 n. 917), e più di preciso dall’articolo 51, contenente indicazioni relative alla “Determinazione del reddito di lavoro dipendente”, ma anche dall’articolo 2009 del Codice Civile, che stabilisce quanto segue:
“Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.”
Si tratta di beni e servizi di cui le lavoratrici e i lavoratori possono usufruire gratuitamente o a condizioni vantaggiose, e hanno un obiettivo multiplo, tra cui:
- agevolare lo svolgimento delle mansioni;
- alleggerire spese correnti;
- migliorare la qualità della vita;
- creare un ambiente di lavoro più stimolante;
- migliorare la reputazione e l’attrattività dell’azienda, in particolare per dirigenti e manager.
È importante sottolineare, però, la natura di questi fringe benefit. In effetti, sono riconosciuti come tali solo quando questi beni e servizi vengono attribuiti non a tutti/e i/le dipendenti ma soltanto ad alcuni di essi/e, in base alle mansioni svolte.
Utilizzo dei fringe benefit: privato, promiscuo, aziendale
A seconda dell’accordo individuale siglato dall’azienda con il dipendente, i compensi in natura offerti possono essere goduti o in modo indipendente rispetto all’attività professionale o nell’ambito della stessa.
Ad esempio, l’utilizzo dell’auto aziendale – che rappresenta uno dei benefit più diffusi – potrebbe essere concesso al/la dipendente solo per esigenze professionali o anche per scopi personali.
In base al tipo di utilizzo concesso, quindi, si configurano tre condizioni:
- uso personale: il beneficio è ad uso esclusivo del dipendente, che può usufruirne nelle modalità preferite;
- uso promiscuo: i benefit possono essere utilizzati sia in ambito lavorativo sia in ambito privato, come nell’esempio dell’auto aziendale succitato;
- uso aziendale: possono essere utilizzati solo a scopo professionale.
Com’è facile intuire, alcuni compensi accessori si prestano più di altri a una natura promiscua o aziendale – pensiamo, ancora, all’auto aziendale o al pagamento del trasporto casa-lavoro – mentre altri hanno senso solo se destinati a un uso personale esclusivo, come nel caso dei buoni pasto o della previdenza complementare.
Quali sono i principali fringe benefit
Ogni azienda può decidere se riconoscere o meno ai propri dipendenti dei fringe benefit, stabilendo in maniera assolutamente libera quali beni e servizi scegliere.
I più diffusi sono i seguenti:
- auto aziendale, motocicli e ciclomotori;
- buoni regalo;
- servizio di mensa;
- buoni pasto;
- incentivi per rette scolastiche e universitarie, compreso l’asilo nido;
- sconti per spa e palestre;
- corsi di aggiornamento e di lingua;
- immobili in locazione, uso o comodato d’uso al lavoratore;
- telefono, pc o tablet aziendali;
- polizze assicurative sulla vita;
- previdenza complementare;
- prestito personale ai dipendenti a tassi inferiori a quelli di mercato;
- borse di studio;
- stock option, ovvero le azioni della società offerte gratuitamente ai dipendenti.
Come già anticipato prima, i fringe benefit si configurano come tali nel momento in cui vengono offerti solo ad alcuni dipendenti, senza che l’azienda sia obbligata a farlo.
Detto questo, moltissimi di questi compensi accessori sono previsti anche dai principali CCNL, e applicati quindi a una platea molto più ampia dell’organico aziendale.
Nonostante rappresentino un costo che il datore di lavoro deve sostenere, i vantaggi derivanti da un personale più felice si traducono in un aumento di produttività, rendendo la spesa sostenuta in un investimento per il futuro.
Regime fiscale agevolato
L’erogazione di questi benefit è sottoposta a un regime fiscale agevolato, che varia in base al tipo di benefit e all’impiego che ne viene fatto.
Secondo quanto riportato nel TUIR, questi compensi in natura sono tassati fermo restando una soglia di esenzione, al di sotto della quale non concorrono al reddito.
La soglia è fissata in € 258,23. Se si supera questo limite, l’intero importo del valore del benefit viene inserito nell’imponibile.
Nel caso dell’auto aziendale, la situazione diventa leggermente più complessa. Infatti, se il veicolo è dotato in uso promiscuo, allora concorre a formare il reddito di lavoro dipendente in modo forfettario nella misura del 30% dell’importo corrispondente a una percorrenza annua convenzionale di 15 mila chilometri.
Per definire questo importo si fa riferimento alle tabelle nazionali ACI, aggiornate ogni anno.