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Come funzionano i buoni pasto e chi ne ha diritto

Categoria: Welfare
Giu 15, 2022
Redazione
Come funzionano i buoni pasto e chi ne ha diritto

Tra le forme di welfare contrattuale più diffuse, insieme alla previdenza complementare e alla sanità integrativa, ci sono senza dubbio i buoni pasto

Si tratta di un servizio offerto ai lavoratori per acquistare il pranzo presso gli esercizi convenzionati o fare la spesa in uno dei tanti supermercati aderenti distribuiti sul territorio nazionale. 

Un buono pasto può essere cartaceo o dematerializzato, ovvero erogato e utilizzato attraverso una card simile a una carta di credito o di debito, soluzione quest’ultima sempre più diffusa. 

Ma cosa sono i buoni pasto, chi ne ha diritto, quali sono le soluzioni disponibili per il datore di lavoro, e come funzionano? Approfondiamo insieme.  

Cosa sono i buoni pasto

I buoni pasto sono titoli di pagamento, il cui valore è predeterminato e fissato dal datore di lavoro, che viene consegnato al lavoratore dipendente come servizio sostitutivo della mensa aziendale

Si tratta, semplificando, di un buono, cartaceo o elettronico, che il lavoratore può spendere per acquistare il pasto durante l’orario di lavoro o per fare la spesa presso un supermercato convenzionato, nelle modalità e nei limiti che andremo a elencare più avanti nel corso dell’articolo. 

L’azienda sceglie il servizio di buoni pasto a cui affidarsi contattando una delle società di emissione autorizzate, selezionando il taglio – in genere il buono pasto ha un valore di €5,00, massimo € 8,00 per quelli elettronici – e le modalità di erogazione degli stessi e fornendo al dipendente una carta elettronica o un classico blocchetto cartaceo. 

Ricordiamo che i buoni pasto non sono cedibili, commerciabili e convertibili in denaro.

Come sono fatti?

I buoni pasto possono essere cartacei o elettronici, e devono possedere alcune caratteristiche specifiche, stabilite per legge. 

Per quanto riguarda i buoni cartacei, devono riportare: 

  • il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
  • la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;
  • il valore facciale espresso in valuta corrente;
  • il termine temporale di utilizzo;
  • uno spazio riservato all’apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato; 
  • la dicitura «Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare».

Nei buoni pasto in formato elettronico, invece: 

  • i primi quattro elementi vengono memorizzati in maniera automatica sulla card stessa; 
  • la data di utilizzo è associata elettronicamente;
  • non è previsto l’obbligo di firma, essendo quest’ultimo assolto associando alla carta un codice identificativo univoco;
  • la dicitura è riportata in modo elettronico. 

Chi ha diritto al buono pasto

Come indicato dal Decreto 7 giugno 2017, n. 122Regolamento recante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa, in attuazione dell’articolo 144, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.”, i buoni pasto sono utilizzabili solo dai

“[…] prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai  soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione  anche non subordinato.”

Quindi, ad avere diritto al buono pasto sono i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, part-time o full-time, così come i collaboratori dell’azienda

L’azienda è obbligata a concedere questo benefit?

Il datore di lavoro non è obbligato a concedere ai propri dipendenti i buoni pasto, a meno che non sia specificamente previsto dal CCNL applicato, nella contrattazione individuale o nella contrattazione decentrata (aziendale e/o territoriale). 

In effetti, si tratta di un servizio sostitutivo della mensa aziendale, che le imprese non sono obbligate a garantire ai propri lavoratori, se non espressamente previsto dai contratti. 

Quindi, in quanto sostitutivo di un servizio non obbligatorio, nemmeno il buono pasto è da considerarsi tale

Quali sono le alternative al buono pasto

Abbiamo visto che le aziende non sono obbligate a offrire i buoni pasto ai propri dipendenti, ma hanno anche delle soluzioni alternative da poter valutare e implementare. 

Nello specifico, le aziende possono optare per queste alternative

  • predisporre una mensa aziendale con gestione propria o affidata in appalto a società esterne;
  • predisporre una mensa esterna presso apposite strutture;
  • corrispondere una indennità sostitutiva della mensa, riconosciuta in assenza del servizio mensa o corrisposta comunque quando il lavoratore non se ne avvale. Si parla, in questi casi, di buono pasto in busta paga.

Queste alternative non si escludono a vicenda. Infatti, è possibile istituire una mensa ma offrire comunque ad alcuni dipendenti il buono pasto qualora quest’ultimo decidesse di non usufruirne o non potesse farlo, ad esempio perché è impegnato fuori sede o dislocato presso uno stabilimento che ne è sprovvisto.

Un interpello dell’Agenzia delle Entrate del 2020 ha stabilito che anche il lavoratore in smart working ha diritto al buono pasto

Come funzionano i buoni pasto

I buoni pasto consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto.

Cosa vuol dire? 

Che se il buono pasto ha un valore di € 5,00, non è possibile utilizzarlo solo parzialmente per acquistare un prodotto che cosa meno. 

Per capirci, se il panino acquistato al bar convenzionato costa € 3,50, non si può pagare con il buono e ricevere il resto di € 1,50 in denaro o utilizzare solo una porzione del buono.

Sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale, ed entro alcuni limiti prestabiliti

Nello specifico, possono essere spesi solo in un massimo di 8 buoni alla volta per singolo esercizio convenzionato, sia esso un ristorante/bar/tavola calda/self-service o un supermercato. 

Ogni punto convenzionato segue regole proprie nelle modalità di accettazione dei buoni pasto, quindi si consiglia di informarsi sempre alla cassa o al box informazioni per conoscere le modalità di impiego previste presso quello specifico esercizio commerciale. 

Vantaggi fiscali dei buoni pasto

I buoni pasto presentano degli interessanti vantaggi fiscali sia per i lavoratori che ne usufruiscono sia per le aziende che decidono di erogarli. 

Per quanto riguarda i lavoratori, i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito, quindi non fanno cumulo, questo vuol dire che sono esclusi dalla tassazione, secondo questo schema: 

  1. buoni pasto cartacei: sono detassati fino a 4 euro;
  2. buoni elettronici: sono detassati fino a 8 euro. Anche per questo motivo sono sempre più impiegati rispetto a quelli tradizionali. 

Dal punto di vista aziendale, invece, le imprese possono: 

  • dedurre il costo dei buoni pasto nella misura del 100% ai fini Irap e Ires;
  • detrarre interamente l’Iva al 4%, ma solo per i buoni pasto elettronici;
  • i liberi professionisti con dipendenti o collaboratore possono dedurre il costo nella percentuale del 75% e di detrarre l’Iva;
  • nei limiti degli importi di € 4,00 e € 8,00 euro giornalieri, i buoni pasto sono anche esenti dai contributi previdenziali e assistenziali.

Anche laddove dovesse essere soggetto a tassazione, il buono pasto non viene comunque considerato come una componente della retribuzione, quindi per il lavoratore rappresenta un vantaggio concreto. 

ENFEA è l’ente bilaterale costituito da CONFAPI e CGIL, CISL e UIL a cui aderiscono le imprese che applicano i CCNL UNIGEC/UNIMATICA, UNIONCHIMICA, UNITAL, CONFAPI ANIEM, UNIONTESSILE e UNIONALIMENTARI.

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