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Cosa prevede il nuovo DDL Lavoro

Categoria: Normative
Gen 23, 2025
Redazione
Cosa prevede il nuovo DDL Lavoro

Il nuovo DDL Lavoro, ossia la Legge 203/2024, entrato in vigore il 12 gennaio 2025, porta significative novità nel campo dei rapporti di lavoro. Le principali modifiche riguardano i contratti, la sicurezza, la formazione e gli ammortizzatori sociali.

In questo articolo ci concentreremo, prima di tutto, sui cambiamenti relativi ai contratti di lavoro, con particolare attenzione alla somministrazione, ai contratti stagionali, all’apprendistato e ai contratti misti che combinano lavoro subordinato e autonomo.

Successivamente, analizzeremo le nuove disposizioni in tema di assenze ingiustificate, il loro equiparamento alle dimissioni volontarie, le regole sul periodo di prova e le novità legate alla cassa integrazione.

Concluderemo, infine, con le norme che riguardano le visite mediche, le comunicazioni telematiche per lo smart working e la possibilità di rateizzare i debiti contributivi delle aziende.

Lavoro in somministrazione: limiti meno stringenti

Le recenti modifiche normative hanno introdotto rilevanti semplificazioni per la somministrazione di lavoro. Pur mantenendo il limite generale del 30% per i lavoratori somministrati a tempo determinato, rispetto al totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula dei contratti, sono state introdotte importanti eccezioni a questo vincolo.

In particolare, dal calcolo del limite del 30% sono esclusi i lavoratori:

  • assunti a tempo indeterminato dalle agenzie per il lavoro;
  • impiegati in attività stagionali;
  • coinvolti in specifici spettacoli;
  • assunti da start-up;
  • impiegati in sostituzione di personale assente;
  • con età superiore ai 50 anni.

Un’ulteriore novità riguarda la soppressione del limite di durata massima di 24 mesi per le missioni a tempo determinato presso lo stesso utilizzatore, quando il lavoratore ha un contratto a tempo indeterminato con l’agenzia di somministrazione. Questa modifica rappresenta un significativo allentamento dei vincoli precedenti.

L’obiettivo delle nuove disposizioni è creare un quadro normativo più flessibile, che consenta alle imprese di utilizzare con maggiore libertà i contratti di somministrazione, sia a tempo determinato che indeterminato.

Lavoro stagionale: ampliamento dell’applicazione dei contratti

Il DDL Lavoro introduce un’interpretazione dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 81/2015, relativa alle attività stagionali escluse dai termini dilatori per la riassunzione a tempo determinato.

Secondo questa interpretazione, rientrano tra le attività stagionali non solo quelle già definite dal DPR 1525/1963, ma anche quelle organizzate per rispondere a due specifiche esigenze:

  • intensificare le attività lavorative che si verificano in determinati periodi dell’anno;
  • rispondere a esigenze tecnico-produttive legate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa.

Per essere considerate tali, queste attività devono essere formalmente riconosciute dai contratti collettivi di lavoro stipulati dalle associazioni datoriali e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. La norma precisa inoltre che sono validi anche i contratti collettivi già in vigore alla data di entrata in vigore della legge.

Questa interpretazione amplia il concetto tradizionale di stagionalità, includendo non solo le attività definite dal decreto del 1963, ma anche quelle caratterizzate da cicli e intensificazioni periodiche del lavoro. L’obiettivo è adeguare la normativa alle moderne esigenze produttive e organizzative delle imprese, assicurando al contempo una regolamentazione chiara e condivisa attraverso la contrattazione collettiva.

Apprendistato duale: trasformazione e formazione

La riforma dell’apprendistato introduce importanti novità volte a rendere il sistema formativo professionale più flessibile e integrato, con particolare attenzione all’apprendistato duale, che combina momenti di formazione teorica con esperienze pratiche.

Tra le principali innovazioni figura la possibilità di trasformare l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale in apprendistato di alta formazione e ricerca. Questa opportunità si applica una volta conseguiti la qualifica o il diploma professionale ai sensi del D.Lgs. 226/2005, il diploma di istruzione secondaria superiore o il certificato di specializzazione tecnica superiore. La modifica offre maggiore flessibilità, consentendo agli apprendisti di proseguire il loro percorso formativo in modo più dinamico e adattabile.

Un ulteriore cambiamento riguarda l’estensione delle risorse economiche, prima riservate esclusivamente all’apprendistato professionalizzante, a tutte le tipologie di apprendistato. Questo intervento punta a creare un sistema di formazione professionale più equo e inclusivo, favorendo lo sviluppo delle competenze in ogni settore.

Dipendenti e regime forfettario: i nuovi contratti misti

La nuova disciplina dei contratti misti segna un’importante evoluzione nel panorama lavorativo italiano, introducendo la possibilità di combinare rapporti di lavoro subordinato e autonomo. Questa normativa consente ai professionisti iscritti a albi o registri professionali di usufruire della tassazione agevolata (regime forfettario) anche se prestano servizi a datori di lavoro con oltre 250 dipendenti, presso i quali sono già assunti con un contratto part-time a tempo indeterminato.

Per accedere al regime agevolato, è necessario rispettare alcune condizioni precise:

  • il contratto di lavoro subordinato deve prevedere un orario compreso tra il 40% e il 50% di un tempo pieno;
  • il contratto di lavoro autonomo deve essere certificato dagli organi competenti;
  • i due rapporti di lavoro devono essere distinti sotto ogni aspetto, senza sovrapposizioni nell’oggetto delle prestazioni, nelle modalità di svolgimento, negli orari e nelle giornate lavorative.

Questa nuova configurazione contrattuale, definita “contratto ibrido a causa mista”, offre significativi vantaggi per lavoratrici, lavoratori e imprese

I professionisti possono mantenere un impiego part-time come dipendenti e, al contempo, esercitare un’attività autonoma con partita IVA, usufruendo del regime forfettario per i redditi derivanti da quest’ultima. 

Dal punto di vista delle aziende, soprattutto quelle con oltre 250 dipendenti, la soluzione garantisce maggiore flessibilità organizzativa, favorendo una gestione più efficiente delle risorse umane attraverso l’integrazione di diverse tipologie contrattuali.

Periodo di prova

Il D.Lgs. 104/2022 ha introdotto criteri uniformi per la durata del periodo di prova nei contratti a tempo determinato, mentre il DDL Lavoro completa il quadro normativo con disposizioni chiare e organiche, garantendo maggiore certezza per datori di lavoro e lavoratori.

La regola generale stabilisce che, salvo condizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova venga calcolata in modo proporzionale: un giorno di effettiva prestazione lavorativa per ogni quindici giorni di calendario, a partire dalla data di inizio del rapporto.

La normativa prevede inoltre limiti minimi e massimi, differenziati in base alla durata complessiva del contratto:

  • Contratti fino a sei mesi: il periodo di prova deve essere compreso tra un minimo di due giorni e un massimo di quindici giorni. Questa misura bilancia la necessità del datore di lavoro di verificare le competenze del dipendente con l’esigenza di non prolungare eccessivamente l’incertezza per la lavoratrice o il lavoratore.
  • Contratti tra sei e dodici mesi: il periodo di prova deve essere compreso tra un minimo di due giorni e un massimo di trenta giorni. Questo intervallo più ampio tiene conto della maggiore durata del contratto, offrendo il tempo necessario per una valutazione più approfondita delle capacità della lavoratrice o del lavoratore.

Queste disposizioni rappresentano una soglia minima di tutela, poiché la contrattazione collettiva può sempre prevedere condizioni più favorevoli per il lavoratore, in linea con il principio generale del diritto del lavoro che favorisce deroghe migliorative per il prestatore di lavoro.

Assenze ingiustificate equiparate alle dimissioni

Il DDL Lavoro ha introdotto importanti modifiche alla normativa sulle assenze ingiustificate, con l’obiettivo di contrastare la pratica diffusa di assenze reiterate da parte delle lavoratrici o dei lavoratori volte a provocare il licenziamento e ottenere l’indennità di disoccupazione.

La nuova disposizione prevede che, in caso di assenza ingiustificata superiore al termine stabilito dal contratto collettivo o, in sua assenza, di oltre 15 giorni, il rapporto di lavoro si risolva automaticamente per volontà del lavoratore.

In tali circostanze, il datore di lavoro è obbligato a segnalare l’assenza all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) competente, che ha facoltà di verificare l’esattezza della comunicazione. Una modifica significativa è rappresentata dall’esclusione della disciplina sulle dimissioni telematiche prevista dall’art. 26 del D.Lgs. 151/2015

Pertanto, la risoluzione automatica non richiede l’uso delle modalità telematiche generalmente obbligatorie per le dimissioni o la risoluzione consensuale.

A tutela del lavoratore, la normativa stabilisce che la risoluzione automatica non si applica se il dipendente dimostra di non aver potuto comunicare i motivi dell’assenza per cause di forza maggiore o per responsabilità del datore di lavoro

In assenza di queste giustificazioni, il rapporto di lavoro si considera risolto volontariamente, escludendo la possibilità di accedere alla NASpI, poiché verrebbe meno il requisito della disoccupazione involontaria.

Cassa integrazione e attività lavorative

La recente modifica all’art. 8 del D.Lgs. 148/2015 introduce rilevanti cambiamenti nella gestione della cassa integrazione in relazione allo svolgimento di altre attività lavorative, rendendo il trattamento di integrazione salariale compatibile con attività lavorative subordinate o autonome.

Per mantenere la compatibilità, il lavoratore deve obbligatoriamente comunicare preventivamente all’INPS l’inizio di qualsiasi nuova attività lavorativa. Tale comunicazione può avvenire attraverso modalità telematiche, inclusa quella effettuata direttamente dal datore di lavoro.

La normativa prevede che il diritto all’integrazione salariale venga sospeso esclusivamente per le giornate in cui il lavoratore svolge effettivamente attività lavorativa, a prescindere dalla durata del contratto di lavoro. Questa modifica rappresenta un’importante innovazione, garantendo maggiore flessibilità nella gestione del periodo di cassa integrazione senza penalizzare la lavoratrice o il lavoratore per interi periodi.

La nuova disciplina mira a:

  • ridurre la dipendenza esclusiva dalle misure di sostegno al reddito;
  • incentivare la ricerca attiva di nuove opportunità lavorative.

Il mancato rispetto dell’obbligo di comunicazione preventiva comporta la decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale, sottolineando l’importanza di un’adeguata informazione preventiva all’INPS.

Questa riforma punta a creare un sistema più dinamico e sostenibile, favorendo il reinserimento lavorativo e una gestione più flessibile del sostegno economico.

Semplificazione delle visite mediche sul lavoro

Le nuove disposizioni in materia di visite mediche sul lavoro introducono semplificazioni rilevanti per lavoratori e medici competenti, con l’obiettivo di ottimizzare le procedure e ridurre oneri inutili, mantenendo alta l’attenzione su salute e sicurezza.

Nello specifico:

  • visite preventive: il medico competente può evitare di prescrivere nuovi esami clinici, biologici o diagnostici se il lavoratore ha già svolto tali controlli in precedenza. Questo è possibile consultando i risultati già disponibili nella cartella sanitaria e di rischio del lavoratore. La modifica elimina la ripetizione di esami non necessari, migliorando l’efficienza sia per il lavoratore che per il sistema sanitario;
  • visite post-malattia: in precedenza, i lavoratori dovevano sottoporsi obbligatoriamente a una visita medica per tornare al lavoro dopo un’assenza per malattia superiore a 60 giorni consecutivi. Con le nuove disposizioni, la visita non è più automatica, ma viene effettuata solo se il medico competente la ritiene necessaria. In alternativa, il medico può esprimere un giudizio di idoneità a svolgere le mansioni specifiche senza una visita fisica, semplificando il processo.

Queste nuove regole rappresentano un progresso significativo verso la semplificazione delle procedure mediche sul lavoro. Riducendo la duplicazione di esami e la necessità di visite superflue, si ottiene una gestione più snella, senza compromettere la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Smart working e comunicazioni telematiche

Il DDL Lavoro stabilisce regole precise per la comunicazione delle prestazioni lavorative svolte in modalità agile, o smart working, introducendo obblighi di trasparenza e monitoraggio per i datori di lavoro.

Questi ultimi devono inviare una comunicazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali esclusivamente tramite canali telematici, contenente due informazioni principali:

  • i nomi dei dipendenti che svolgeranno attività in smart working;
  • le date di inizio e fine del periodo di lavoro agile.

Questa comunicazione deve essere inviata entro cinque giorni dall’inizio del periodo di smart working.

Nel caso in cui vi siano modifiche durante il periodo di smart working (ad esempio, variazioni nella durata del periodo o cessazione anticipata dell’accordo), il datore di lavoro è obbligato a trasmettere una nuova comunicazione entro cinque giorni dalla modifica o cessazione.

Le disposizioni mirano a garantire una gestione trasparente e un monitoraggio efficace delle modalità di lavoro agile, permettendo al Ministero del Lavoro di mantenere un quadro aggiornato sulla diffusione dello smart working nel Paese. La normativa rafforza il controllo e assicura che le aziende comunichino tempestivamente eventuali cambiamenti nei rapporti di lavoro agile.

Rateizzazione debiti contributivi per le aziende in difficoltà

A partire dal 1° gennaio 2025, sarà possibile richiedere la rateizzazione dei debiti contributivi dovuti all’INPS e all’INAIL, con un massimo di 60 rate mensili. Questa misura si applica ai debiti relativi a contributi, premi e altri importi previsti dalla legge, a condizione che tali debiti non siano stati già affidati agli agenti della riscossione (cioè non siano finiti in cartella esattoriale).

Un decreto ministeriale stabilirà le categorie di imprese che potranno beneficiare di questa possibilità, nonché i casi specifici in cui sarà applicabile. Successivamente, INPS e INAIL emetteranno regolamenti per definire i criteri e le modalità operative per accedere alla rateizzazione.

L’introduzione di questa misura mira a supportare le imprese in difficoltà finanziaria, consentendo loro di regolarizzare la posizione contributiva senza dover affrontare il peso di un pagamento in un’unica soluzione. La possibilità di rateizzare i debiti permetterà di distribuire l’onere economico nel tempo, riducendo così il rischio di ulteriori difficoltà finanziarie.

Questa iniziativa è pensata per favorire la regolarizzazione spontanea dei debiti, evitando l’avvio di procedure più gravose per il recupero crediti da parte degli enti previdenziali. Si cerca di trovare un equilibrio tra le esigenze dei contribuenti e la tutela delle entrate pubbliche, favorendo una soluzione più sostenibile per le imprese in difficoltà.

ENFEA è l’ente bilaterale costituito da CONFAPI e CGIL, CISL e UIL a cui aderiscono le imprese che applicano i CCNL UNIGEC/UNIMATICA, UNIONCHIMICA, UNITAL, CONFAPI ANIEM, UNIONTESSILE e UNIONALIMENTARI.

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