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Indennità sostitutiva di preavviso: cos’è e quando va pagata?

Categoria: Lavoro
Giu 5, 2024
Redazione
Indennita sostitutiva di preavviso

Il preavviso è un periodo utile a tutelare lavoratore e datore di lavoro nelle fasi immediatamente precedenti l’interruzione definitiva di un rapporto di lavoro. Tuttavia, è possibile evitare di adempiere a questo obbligo attraverso la corresponsione di un importo in denaro a titolo di indennità sostitutiva di preavviso.

In questo articolo vedremo cosa sono e come funzionano il periodo di preavviso e la relativa indennità sostitutiva. Scopriremo, poi, quando questa indennità deve essere pagata e quali sono le opzioni in campo per le parti in causa.

Analizzeremo, in seguito, in che modo deve essere calcolata l’indennità e quali voci della retribuzione considerare per determinarne l’importo. Inoltre, vedremo qual è il trattamento fiscale e previdenziale riservato all’indennità, a seconda di chi deve corrisponderla.

Infine, scopriremo quali sono i casi in cui il datore di lavoro è obbligato alla corresponsione dell’indennità sostitutiva di preavviso.

Come funziona il periodo di preavviso?

Quando un rapporto di lavoro si interrompe, occorre rispettare il periodo di preavviso, una fase in cui la lavoratrice o il lavoratore continua a svolgere la propria mansione, prevista dal Codice Civile all’art. 2118, che, pur rinviando le previsioni dettagliate ai CCNL, prevede una forma di tutela per chi subisce il recesso della controparte:

  • se a recedere è l’azienda, il preavviso consente alla lavoratrice o al lavoratore di avere un periodo aggiuntivo di lavoro e dunque anche di stipendio in modo da poter cercare una nuova occupazione o soluzioni alternative;
  • se a recedere è il lavoratore, questa fase permette all’impresa di riorganizzarsi, di adempiere all’eventuale passaggio di consegne con i colleghi o con la persona che viene assunta in sostituzione del dipendente che lascia il proprio posto.

Nel corso del preavviso, azienda e lavoratori conservano tutti i diritti e i doveri previsti nel CCNL, quali orario di lavoro, retribuzione, e così via. Dunque, la regola generale prevede che, in caso di interruzione del rapporto di lavoro, sia il datore di lavoro sia il lavoratore devono rispettare il periodo di preavviso

Dopodiché, spetta alla contrattazione collettiva determinare il periodo di preavviso a seconda del settore, delle mansioni, delle qualifiche e dell’anzianità di servizio dei lavoratori.

Tuttavia, gli obblighi di preavviso cadono in alcuni casi particolari. Nel dettaglio:

  • licenziamento o dimissioni per giusta causa, cioè quando si è verificato un inadempimento della controparte talmente grave da rendere intollerabile la prosecuzione, anche solo temporanea, del rapporto di lavoro (si pensi a casi gravissimi come furti del lavoratore o molestie da parte di un superiore);
  • dimissioni della lavoratrice madre entro un anno di età del bambino;
  • mutuo consenso, dunque un accordo fra le parti;
  • recesso intervenuto durante il periodo di prova;
  • promozione a una qualifica superiore se il contratto prevede la cessazione del vecchio rapporto e la costituzione di un nuovo rapporto senza soluzione di continuità.

In tutti gli altri casi, invece, la parte che recede dal contratto e non rispetta il preavviso è tenuta a corrispondere un’indennità sostitutiva

Per approfondire, invitiamo a leggere anche il nostro articolo Qual è la data di decorrenza delle dimissioni?

Quando viene pagata l’indennità di preavviso?

Il Codice Civile, al già citato articolo 2118, prevede quanto segue:

“In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.”

Dunque, nel caso in cui non si intenda o non si possa rispettare il periodo di preavviso, questa parte deve corrispondere all’altra un’indennità sostitutiva, che sia pari alla retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato durante il preavviso. 

Ma occorre fare una distinzione tra il mancato preavviso del datore di lavoro e quello del lavoratore.

Mancato preavviso del datore di lavoro

Se è il datore di lavoro a voler interrompere il rapporto prima del tempo previsto per il preavviso dal CCNL di riferimento, deve ottenere il consenso del proprio dipendente.

Se il lavoratore acconsente, il datore corrisponderà la relativa indennità sostitutiva, altrimenti il periodo di preavviso si svolgerà fino alla sua naturale scadenza e l’azienda non non potrà opporsi. Ipotesi che resta valida anche nel caso in cui il datore non metta il lavoratore nelle condizioni di poter continuare a svolgere le proprie mansioni. 

Mancato preavviso del lavoratore

Se è il lavoratore dimissionario a non voler rispettare il periodo di preavviso, invece, il datore di lavoro ha il diritto di trattenere, a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, i compensi che spettano al dipendente nel corso di detto periodo

Se, invece, il datore di lavoro si oppone alla volontà del dipendente, quest’ultimo può:

  • continuare a lavorare fino alla scadenza del periodo di preavviso;
  • versare al datore una somma pari all’indennità.

In tutti i casi in cui viene corrisposta l’indennità sostitutiva del preavviso, il rapporto di lavoro si risolve immediatamente.

Per approfondire, invitiamo a leggere anche il nostro articolo Licenziamento concordato: come funziona la risoluzione consensuale

Come si calcola l’indennità sostitutiva di preavviso?

Sulla base di quanto previsto dall’art. 2121 del Codice Civile, l’indennità sostitutiva di preavviso va calcolata sulla base della retribuzione normalmente spettante al lavoratore, al momento in cui la parte decide di interrompere il rapporto di lavoro, comprensiva di:

  • provvigioni;
  • premi di produzione;
  • partecipazioni agli utili;
  • indennità sostitutive di mensa e di alloggio;
  • aumenti contrattuali, scatti di anzianità e ogni altro compenso non connesso alla produttività individuale del lavoratore;
  • ogni altro compenso di carattere continuativo, ad esempio il canone di locazione pagato dal datore di lavoro nel caso di riconoscimento di un alloggio.

Si tratta di una prassi consolidata nel corso degli anni a seguito delle varie sentenze della Cassazione che si sono susseguite nel tempo.

La medesima giurisprudenza si è occupata dei rimborsi spese, che non vengono invece considerati componenti della retribuzione.

Nel caso in cui il lavoratore sia retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l’indennità viene calcolata sulla base della media dei compensi degli ultimi tre anni o nel minor periodo in cui il lavoratore ha effettivamente svolto la propria attività.

Ai fini del calcolo, occorre poi conoscere l’esatto periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo in base alla qualifica e all’anzianità di servizio del dipendente. Per avere le informazioni giuste su quanto previsto dal Contratto Collettivo di Lavoro il lavoratore può rivolgersi al sindacato al quale è iscritto e/o al delegato sindacale se presente.

Infine, occorre anche tenere conto di eventuali ratei di tredicesima mensilità e altre mensilità aggiuntive, cioè la quota parte di questi riconoscimenti economici rapportati al periodo di preavviso.

Come viene tassata l’indennità sostitutiva del preavviso?

Veniamo all’imposizione fiscale applicata all’indennità di preavviso, che cambia a seconda della parte tenuta a riconoscerla.

Indennità sostitutiva trattenuta dal datore di lavoro

In caso di indennità sostitutiva trattenuta al lavoratore dal datore di lavoro, l’importo non incide né sull’imponibile ai fini fiscali né su quello previdenziale

La somma, infatti, viene trattenuta sul netto in busta paga.

Cosa significa? Il lavoratore e il datore pagano comunque IRPEF e contributi sull’importo lordo, dopodiché il lavoratore percepisce il netto solo per la parte che eventualmente eccede l’indennità di preavviso spettante all’azienda.

Indennità sostitutiva riconosciuta al lavoratore

Le somme riconosciute in busta paga a titolo di indennità sono imponibili ai fini previdenziali ed assistenziali. Dunque, su questo importo, sia il lavoratore che l’azienda, dovranno versare i contributi a loro carico.

Per quanto concerne il trattamento fiscale, l’indennità viene sottoposta a tassazione separata con la medesima aliquota media utilizzata per il Trattamento di Fine Rapporto (TFR).

Quando il datore di lavoro è obbligato a pagare l’indennità di preavviso?

Chiudiamo con dei casi particolari, quelli in cui la libertà di scelta tra indennità e periodo di preavviso non può essere esercitata per diverse ragioni. Si tratta dei casi in cui, per il datore di lavoro, sorge l’obbligo di riconoscere l’indennità di preavviso

Partiamo dal caso della morte del lavoratore. Il datore di lavoro deve versare l’indennità sostitutiva del preavviso ai familiari del lavoratore deceduto, ripartendo la somma tra coniuge o parte dell’unione civile, figli e parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado (purché si tratti di persone conviventi e a carico del lavoratore).

Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in particolari casi di dimissioni del lavoratore:

  • dimissioni per giusta causa che, come detto, determinano un impedimento nel prosieguo dell’attività;
  • dimissioni dei genitori lavoratori, se rassegnate durante i periodi in cui è previsto il divieto di licenziamento, per la madre che presenta le dimissioni durante il periodo che decorre dall’inizio della gravidanza fino al compimento dell’anno di età del bambino e al padre lavoratore che fruisce del congedo per paternità e si dimette durante il periodo di congedo o entro un anno di età del bambino;
  • dimissioni della lavoratrice a causa di matrimonio, nel periodo intercorrente tra la richiesta delle pubblicazioni del matrimonio e l’anno successivo alla celebrazione dello stesso.

Infine, l’indennità deve essere versata anche in presenza di licenziamenti senza preavviso, che in seguito vengano: 

  • ritenuti dal giudice illegittimi;
  • convertiti in licenziamenti, in cui il preavviso doveva essere comunicato obbligatoriamente. 

Infine, è possibile che venga riconosciuta l’indennità nel caso in cui il datore proceda a licenziare un dipendente per giusta causa, ma il giudice lo converta successivamente in licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

ENFEA è l’ente bilaterale costituito da CONFAPI e CGIL, CISL e UIL a cui aderiscono le imprese che applicano i CCNL UNIGEC/UNIMATICA, UNIONCHIMICA, UNITAL, CONFAPI ANIEM, UNIONTESSILE e UNIONALIMENTARI.

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