La pausa pranzo aziendale per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti è un diritto, che dipende dall’orario giornaliero contemplato nel contratto di lavoro.
Si tratta di una pausa obbligatoria, finalizzata ai seguenti obiettivi:
- consumo del pasto;
- recupero delle energie psico-fisiche;
- attenuazione delle mansioni ripetitive e monotone.
Un momento di stacco, insomma, che consente alla lavoratrice e al lavoratore di riprendere le attività riposati e nuovamente concentrati.
In questo articolo vedremo qual è la normativa di riferimento che sancisce l’obbligatorietà della pausa pranzo aziendale, chi sono i lavoratori che possono vantare questo diritto e qual è la durata prevista per la pausa.
Vedremo, poi, qual è la relazione tra pausa pranzo e retribuzione oraria e se sono previsti ulteriori benefici aziendali legati ai pasti.
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La pausa pranzo aziendale è obbligatoria?
La pausa pranzo aziendale è un diritto che riguarda i dipendenti, a seconda dell’orario di lavoro previsto dal contratto.
Il riferimento normativo contenente la disciplina generale di tale diritto è il D.Lgs. 66/2003, recante l’“Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”.
Si tratta della norma che si occupa, in generale, dell’organizzazione dell’orario di lavoro, come riposo compensativo, permessi, ferie, ecc.
Chi ha diritto alla pausa pranzo?
La pausa pranzo è un diritto per tutti quelli che hanno un contratto di lavoro che prevede più di 6 ore giornaliere continuative.
Per quanto riguarda, invece, la sua durata, essa dipende dai singoli CCNL, dunque dai settori in cui i lavoratori sono impiegati e dalla tipologia di attività svolta dall’azienda, e le relative esigenze organizzative e produttive, e i datori di lavoro sono tenuti a rispettare tale diritto dei dipendenti.
La pausa pranzo, come altre tipologie di pausa (si pensi a quelle per recarsi ai servizi igienici oppure per un caffè), rappresentano un momento importante per i lavoratori che possono usare questo tempo per recuperare forze e concentrazione e tornare al lavoro più lucidi, riposati e, nel caso del pranzo, rifocillati.
Quanto dura la pausa pranzo aziendale?
Secondo la normativa italiana, la durata minima di una pausa dal lavoro deve essere di almeno 10 minuti; tuttavia, si tratta di un tempo minimo che non può essere sufficiente alla consumazione di un pasto.
Per questa ragione, i contratti collettivi, di primo e secondo livello, in genere stabiliscono per il pranzo una durata più lunga dei 10 minuti.
La pausa pranzo dovrebbe durare almeno 30 minuti, e, secondo le norme vigenti, non può superare le 2 ore. I CCNL di solito contemplano pause che si attestano tra un’ora e un’ora e mezza.
Come accennato prima, oltre alla pausa pranzo aziendale esistono altri momenti di stop, come ad esempio la pausa caffé; la loro durata si aggira attorno ai 10/15 minuti, e anche in questo caso spettano obbligatoriamente ai lavoratori con contratto di più di 6 ore giornaliere continuative. Ciò non toglie che i contratti collettivi e aziendali possano prevedere delle pause anche per chi lavora meno di 6 ore.
La pausa pranzo aziendale è retribuita?
La pausa pranzo rientra nell’orario di lavoro retribuito, purché il lavoratore sia in possesso del requisito orario già illustrato in precedenza. Dunque, la retribuzione per il pranzo spetta soltanto a chi ha diritto alla pausa (contratto di lavoro con più di 6 ore giornaliere continuative).
Ribadiamo che le ore di lavoro per dare diritto alla pausa devono essere continuative da contratto. Se, invece, i turni giornalieri sono “spezzati” (ad esempio 4 ore al mattino e 4 al pomeriggio), allora il lavoratore non ha diritto né alla pausa né alla relativa retribuzione.
Facciamo due esempi, per chiarire:
- se l’orario di lavoro di 8 ore va dalle 9 alle 17 senza interruzioni, allora la pausa pranzo è retribuita;
- se l’orario, invece, prevede 8 ore con distribuzione 9-13 e 14-18, allora la pausa pranzo non è retribuita.
Oltre all’eventuale retribuzione oraria riconosciuta per la pausa pranzo, il dipendente, a seconda degli accordi sindacali e/o aziendali, potrebbe avere diritto anche al pranzo stesso o a un’indennità corrispondente alla spesa per il pasto.
L’azienda può valutare diverse opzioni in tal senso:
- mettere a disposizione dei dipendenti una mensa gratuita, in tutto o in parte;
- riconoscere un contributo forfettario in busta paga;
- fornire dei buoni pasto.
Dunque, è fondamentale conoscere i propri contratti di riferimento per comprendere quali sono i propri diritti e gli eventuali benefici riconosciuti.
Ricordiamo, infine, che per ulteriori chiarimenti è possibile rivolgersi alla Rappresentanza Sindacale o al proprio sindacato.
Per approfondire, invitiamo a leggere anche il nostro articolo Buoni pasto: cosa sono, come funzionano e chi ne ha diritto