Il riposo compensativo è un diritto costituzionale delle lavoratrici e dei lavoratori, inserito nel nostro ordinamento per garantire l’accesso al riposo necessario per il benessere della persona nella sua interezza, e non soltanto nel suo ruolo lavorativo.
Inoltre, porre limiti al lavoro continuativo è una garanzia per la sicurezza della lavoratrice, del lavoratore e della collettività (si pensi al personale sanitario o ai lavoratori edili).
In questo articolo vedremo cos’è il riposo compensativo e qual è la normativa di riferimento, a partire dall’art. 36 della Costituzione.
Vedremo, poi, quali sono le lavoratrici e i lavoratori che ne hanno diritto e quali sono i fattori che ne determinano l’entità, ad esempio le previsioni dei Contratti Collettivi.
Analizzeremo, infine, l’iter per richiedere e ottenere il riposo compensativo, e quali sono le conseguenze nel caso in cui questo diritto non venga riconosciuto.
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Cos’è il riposo compensativo?
Il riposo compensativo è il permesso di astenersi dal lavoro per “recuperare” ore lavorative svolte in quantità superiore a quella ordinaria prevista e retribuita come da contratto.
Si tratta di una previsione di legge che troviamo a partire dalla nostra legge fondamentale: la Costituzione.
L’art. 36 della Costituzione italiana recita, infatti:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
Il riposo compensativo è stato normato proprio a partire da quest’ultimo comma: in generale questo diritto matura in tutti i casi in cui il dipendente non abbia fruito della giornata di riposo settimanale, e cioè uno stacco di 24 ore consecutive dopo un periodo di lavoro continuato di 6 giorni.
Se si lavora per più di 6 giorni consecutivi, dunque, scatta il diritto a questa forma di riposo.
Inoltre, il D.Lgs. 66/2003, in materia di “orario di lavoro”, all’art. 5, ultimo comma, stabilisce quanto segue:
“Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.”
Dunque, non solo per il mancato riposo settimanale, ma anche per il lavoro straordinario i Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro e i contratti collettivi aziendali possono prevedere dei riposi compensativi da utilizzare in alternativa alla retribuzione straordinaria o in combinazione con essa.
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Chi ha diritto al riposo compensativo?
Il diritto al riposo compensativo riguarda i lavoratori subordinati, dunque i dipendenti, e può variare in base a diversi fattori.
Come detto, esiste una norma generale che fa scattare il diritto al riposo compensativo nel caso in cui venga a mancare il riposo settimanale, ma questo diritto può essere ulteriormente ampliato e integrato con quello agli straordinari a seconda di diversi fattori, tra cui i seguenti:
- contratto di lavoro, che stabilisce le condizioni tra datore di lavoro e lavoratrice o lavoratore e può specificare le modalità di accumulo e fruizione del riposo compensativo;
- settore e attività, dal momento che ci sono ambiti in cui è richiesto il servizio continuo o turni particolari, che dunque possono prevedere regole specifiche per il riposo compensativo;
- contratti collettivi nazionali del lavoro e contratti collettivi aziendali, poiché molti lavoratori sono assunti sulla base di accordi tra sindacati e associazioni datoriali, che possono definire anche le condizioni per il riposo compensativo.
Dunque, è fondamentale avere una buona conoscenza della normativa, del proprio ambito lavorativo e dei contratti individuali e collettivi, al fine di verificare che tutti i diritti/doveri siano rispettati dal datore di lavoro e dal lavoratore.
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Come si richiede il riposo compensativo?
Come si può intuire, le modalità di fruizione del riposo compensativo dipendono dagli accordi collettivi e/o dal contratto di lavoro.
Per poter accedere a questa forma di astensione dal lavoro, è dunque importante compiere quell’opera di conoscenza dei propri diritti a cui abbiamo fatto riferimento, che deve riguardare anche le procedure di accumulo e fruizione di questi riposi.
Possiamo riassumere i diversi passaggi come segue, premettendo sempre che le regole possono cambiare a seconda del lavoro/settore/contratto coinvolti:
- comunicazione al datore di lavoro della necessità di usufruire del riposo compensativo, a meno che non vi sia già una pianificazione aziendale per regolarne l’accesso in modo da prevedere adeguatamente la copertura del turno o dell’orario di lavoro;
- pianificazione del riposo compensativo, se non già prevista occorre concordare i momenti di recupero delle ore di riposo;
- registro delle ore e verifica, utile all’aggiornamento delle ore di lavoro eccedenti e del relativo riposo compensativo accumulato, in modo che non vadano perdute le informazioni necessarie a procedere.
Se questi passaggi sono ben strutturati, la lavoratrice o il lavoratore potrà fruire serenamente del riposo compensativo secondo gli accordi stabiliti con il datore di lavoro, e secondo quanto previsto dal CCNL di riferimento, in modo da rispettare le modalità previste dal contratto ed essere in regola con le previsioni di legge.
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Cosa succede se il riposo compensativo non viene riconosciuto?
Innanzitutto il già citato D.Lgs. 66/2003 prevede per il mancato rispetto dell’orario di riposto una sanzione amministrativa che va da 105 a 630 euro per ciascun lavoratore. Ma non finisce qui.
Per un quadro completo delle conseguenze a carico del datore di lavoro, facciamo riferimento a due sentenze.
Partiamo con la sentenza n. 1607/89 della Corte di Cassazione, con la quale si ribasice che, nel caso di lavoro prestato nel settimo giorno consecutivo e senza riposo compensativo, al lavoratore spetta:
- la retribuzione per le ore di lavoro aggiuntive, comprensiva delle maggiorazioni legate all’aggravio fisico e mentale di una prestazione continuativa e senza soste;
- il risarcimento del danno subito a causa dell’usura psico-fisica che il lavoro nel settimo giorno comporta, dunque un importo che esula dalla maggiore retribuzione di cui al punto precedente e che va ad aggiungersi ad essa.
Su quest’ultimo punto non esistono delle regole generali, volte a definire l’automaticità di questo danno, che tuttavia potrebbe aver compromesso la vita privata del lavoratore oltre che la sua salute psico-fisica.
In merito, però, interviene la Corte Costituzionale con la sentenza n. 372/94, che ritiene il danno biologico non sia presunto, dal momento che il lavoro ininterrotto è di per sé lesivo della salute del lavoratore.
Resta, dunque, la necessità di provare l’entità del danno, cioè la dimostrazione della perdita che serve a quantificare il risarcimento.
Conclusione
Come detto, al fine di far valere il proprio diritto al riposo compensativo, lato lavoratrice e lavoratore, e di erogare correttamente, lato datore di lavoro, è importante conoscere il principio costituzionale che regola il riposo dall’attività lavorativa, nonché tutte le possibili variazioni dovute a norme di settore, contratti collettivi, aziendali e contratti individuali.
La consapevolezza è lo strumento migliore per fruire correttamente dei propri diritti, evitando abusi e rischi per sé e per gli altri, dal momento che parliamo di riposo, fondamentale per svolgere in maniera corretta il proprio lavoro.