Se oggi si parla sempre più spesso di diritto alla disconnessione è una conseguenza del fatto che la pandemia da Coronavirus ha reso necessario il ricorso a modalità di lavoro più flessibili, come lo smart working o lavoro agile, favorendone la sua diffusione a livello nazionale e mondiale.
Ai vantaggi che ne sono derivati, sia nell’immediato per quanto concerne la prevenzione del contagio, sia nel medio e lungo periodo, con l’implementazione di nuovi standard nei processi lavorativi, lavoratrici e lavoratori hanno dovuto far fronte anche agli svantaggi, primo fra tutti la tendenza a non “staccare mai” ed essere perennemente connessi e operativi, con inevitabili peggioramento della qualità della vita e aumento dello stress da lavoro.
Su questo argomento invitiamo a consultare anche l’articolo Lavoro agile (smart working): vantaggi e svantaggi
Il diritto alla disconnessione è dunque diventato centrale nel dibattito pubblico, e non è un caso che il raggiungimento di maggiore equilibrio tra il tempo di vita e il tempo di lavoro rappresenti una delle principali motivazioni che spingono le persone a cambiare lavoro.
A tal proposito, invitiamo a leggere l’articolo Cambiare lavoro: come farlo in modo efficace.
Ma in cosa consiste questo diritto alla disconnessione e come funziona? Approfondiamo insieme, e cerchiamo di fare chiarezza.
Indice dei contenuti
Cos’è il diritto alla disconnessione?
Nell’ambito lavorativo, il diritto alla disconnessione si riferisce al concetto che le/i dipendenti hanno, appunto, il diritto di non essere costantemente disponibili o raggiungibili tramite dispositivi digitali al di fuori dell’orario di lavoro.
In altre parole, si tratta della possibilità per lavoratrici e lavoratori di staccare completamente dal lavoro e dalle comunicazioni professionali al termine della giornata lavorativa, o durante i periodi di riposo, senza subire pressioni o conseguenze negative.
Questo diritto mira a preservare l’equilibrio tra la vita professionale e quella personale, proteggendo la salute mentale e il benessere dei lavoratori. L’accesso costante alle email, alle chat di lavoro e ad altre forme di comunicazione digitale può creare un ambiente in cui i confini tra lavoro e vita privata si sfumano, portando a un’interferenza costante nell’orario non lavorativo e all’aumento dello stress.
La promozione del diritto alla disconnessione può avere impatti positivi sia per i dipendenti che per le aziende. Per la forza lavoro, offre l’opportunità di riposare e ricaricarsi, migliorando la produttività e la soddisfazione lavorativa complessiva. Dall’altra parte, le aziende possono beneficiare di dipendenti più impegnati, creativi e motivati, oltre che di una maggiore retention del personale.
Cosa prevede la normativa vigente?
In alcuni paesi, il diritto alla disconnessione è stato formalizzato attraverso leggi o accordi collettivi. Queste misure cercano di stabilire limiti chiari per le comunicazioni lavorative al di fuori dell’orario di lavoro e di proteggere le lavoratrici e i lavoratori dalla pressione di essere costantemente connessi.
E in Italia?
1. Legge 22 maggio 2017, n. 81
In Italia possiamo trovare il primo riferimento alla questione all’interno della Legge 22 maggio 2017, n. 81, che regola il lavoro agile.
Secondo quanto previsto da questa legge, però, le modalità di organizzazione del lavoro agile dipendono dagli accordi siglati tra dipendente e datore di lavoro, anche se “entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”, come sancito dall’articolo 18.
L’articolo 19, poi, stabilisce quanto segue:
“[…] L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.”
Purtroppo, però, non è indicata una reale misura che possa stabilire e fissare un tempo di disconnessione da garantire per legge e uguale per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, come la Francia o il Portogallo, dove è fatto divieto, per i datori di lavoro, contattare i propri dipendenti fuori dall’orario di lavoro.
2. Legge del 6 maggio 2021, n. 61
In seguito l’audizione al Parlamento il 13 maggio 2020 del Garante della Privacy, è stato inserito il diritto alla disconnessione nella Legge del 6 maggio 2021, n. 61, che stabilisce quanto segue:
“[…] è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.”
3. Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato
Infine, possiamo trovare un riferimento al diritto alla disconnessione nel Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato, presentato nel dicembre del 2021, nel quale si legge:
“La prestazione in smart working può essere articolata in fasce orarie, individuando, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa; a tal fine, devono essere adottate specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione. Nei casi di assenza c.d. legittima (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, etc.), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione.”
Conclusioni
Alla luce delle normative vigenti nel nostro Paese, lavoratrici e lavoratori in smart working hanno il diritto di non rispondere alle comunicazioni aziendali fuori dall’orario di lavoro, senza per questo rischiare ripercussioni, ma non si introduce un reale divieto ai datori di lavoro di contattarli.
Ad oggi, alcuni CCNL hanno introdotto delle norme specifiche relative al diritto alla disconnessione, così come alcune grandi realtà imprenditoriali italiane, come ad esempio Barilla e ENI.
Con la fine dell’emergenza sanitaria, il ricorso allo smart working si è in buona parte ridotto, con il ritorno agli uffici e al lavoro in presenza, ma non è sparito del tutto; anzi, moltissime aziende hanno deciso di continuare a utilizzare questa modalità agile, e sempre più lavoratrici e lavoratori preferirebbero lavorare da remoto, almeno per una parte della settimana lavorativa.
Di conseguenza, è necessario che si giunga a una normativa chiara, che si applichi a tutti i rapporti di lavoro agile, in modo da garantire il diritto alla disconnessione.