Gli anni della Pandemia, e in particolare i primi mesi, hanno sancito la diffusione dello smart working nel nostro Paese, uno strumento normativo relativamente recente e che, fino a quel momento, non aveva riscosso grandi adesioni nel mondo del lavoro.
Per favorire l’accesso a questa forma di lavoro flessibile – che per la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori è coinciso con quello che potremmo più correttamente definire “lavoro da casa” – i Governi che si sono succeduti in questi anni hanno varato delle linee guida per lo smart working, sia nel pubblico impiego che nel privato.
Ora che siamo usciti dalla fase di emergenza sanitaria, lo smart working ha smesso di essere una soluzione a tappeto, da applicare a ogni professione che può, nei fatti, essere svolta da remoto; infatti, dal 1° gennaio 2023 sono entrate in vigore le nuove regole per il lavoro agile.
Approfondiamo insieme e cerchiamo di capire cosa cambia per lo smart working nel 2023.
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Smart working 2023: si torna al regime ordinario
Lo scorso 31 dicembre 2022 è scaduto il regime semplificato per lo smart working, che ha caratterizzato gli ultimi due anni della nostra vita. Dal 1° gennaio, quindi, tornano in vigore le regole pre-pandemia.
A tal proposito è importante ricordare che lo smart working, o lavoro agile, è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico con la Legge n. 81/2017, e nasce come “una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato introdotta al fine di incrementare la competitività e di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro”, secondo la definizione fornita dal Ministero del Lavoro.
Il Capo II della legge, precisamente l’articolo 18, recita come segue:
“Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”
Quindi, il lavoro agile previsto da questa Legge stabilisce la possibilità, per i dipendenti, di svolgere un parte delle proprie ore di lavoro settimanali in un luogo differente rispetto alla sede dell’ufficio, e con orari e modalità più flessibili.
In questi anni, invece, per esigenze di natura sanitaria, abbiamo considerato e gestito lo smart working come il telelavoro o il lavoro da casa, ma in deroga alla Legge.
Dal 1° gennaio del 2023, quindi, si è tornati in un regime ordinario previsto dalla Legge n.81/2017.
Nella maggior parte dei casi, lo smart working è normato all’interno del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato – in un articolo apposito – e nella contrattazione aziendale oltre che con accordo individuale.
Accordo individuale
A partire dal 1° gennaio 2023, per fare ricorso allo smart working è necessario sottoscrivere un accordo individuale tra datore di lavoro e la lavoratrice o il lavoratore, in forma scritta e nel rispetto dei requisiti definiti dalla Legge 81/2017, da trasmettere poi seguendo le nuove regole previste dal Decreto Semplificazioni.
Il datore di lavoro ha 5 giorni di tempo per comunicare al Ministero del Lavoro telematicamente i nominativi delle lavoratrici e dei lavoratori, la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile.
L’accordo individuale deve disciplinare:
- le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa quando viene svolta all’esterno dei locali aziendali;
- la durata;
- l’alternanza tra lavoro in sede e fuori sede;
- le modalità di controllo della prestazione lavorativa svolte fuori dai locali aziendali;
- gli strumenti di lavoro da utilizzare;
- eventuali luoghi nei quali non è consentito svolgere attività di smart working;
- i tempi di riposo della lavoratrice o del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (il cosiddetto diritto alla disconnessione);
- la formazione eventuale da svolgere;
- forme e modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Di conseguenza, si stipula un patto tra il datore di lavoro e il dipendente, al quale attenersi per usufruire del lavoro agile. Le stesse indicazioni si applicano anche alle lavoratrici e ai lavoratori con figli under 14.
Lavoratori fragili
L’unica proroga prevista nel 2023 riguarda i lavoratori fragili; secondo quanto indicato dalla Legge 197/2022, è infatti riconosciuta una proroga fino al 31 marzo 2023 della possibilità per le lavoratrici e i lavoratori fragili di svolgere, in via ordinaria, la propria prestazione lavorativa in modalità agile.
Con l’espressione lavoratori fragili si intendono quelle lavoratrici e quei lavoratori affetti da patologie croniche o da condizioni di gravità, come ad esempio i pazienti oncologici, gli immunodepressi, cardiopatici, diabetici, e così via.
A determinate condizioni si può prevedere un cambio di mansione per questi lavoratori fragili, invece di optare per lo smart working.
Priorità da rispettare
Come visto, fatta eccezione per i lavoratori fragili, tutti gli altri dovranno attenersi alle regole ordinarie sullo smart working, ma il legislatore ha previsto alcune priorità da rispettare in base a chi ne fa richiesta.
Nello specifico, devono essere riconosciute come prioritarie le richieste di esecuzione del lavoro in modalità smart working provenienti da lavoratrici e lavoratori:
- con disabilità accertata;
- con figli di età inferiore ai 12 anni;
- con figli disabili;
- che ricoprono il ruolo di caregiver per familiari non autosufficienti.
Come spiegato, però, queste categorie hanno la priorità, ma questo non vuol dire che il datore di lavoro sia obbligato a riconoscergli la possibilità di usufruire dello smart working.