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Cos’è il lavoro a chiamata (Intermittente o Job on Call)

Categoria: Lavoro
Ago 30, 2023
Redazione
Cos'è il lavoro a chiamata (Intermittente o Job on Call)

Nell’ambito del diritto del lavoro, merita una menzione a parte il cosiddetto lavoro a chiamata (Job on Call), o più correttamente definito lavoro intermittente

Si tratta, come vedremo più nel dettaglio, di un tipo di impiego in cui i dipendenti sono tenuti a essere disponibili per lavorare quando richiamati dal datore di lavoro, piuttosto che avere un orario di lavoro fisso e predefinito.

Questo tipo di lavoro è più comune in settori dove le esigenze operative variano notevolmente e in modo imprevedibile, come ad esempio il turismo, lo spettacolo, l’assistenza tecnica e i servizi di emergenza (medici, infermieri, vigili del fuoco).

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è il lavoro a chiamata o intermittente, come funziona e cosa prevede la normativa vigente in Italia.

Cos’è il lavoro a chiamata?

La definizione di lavoro a chiamata è contenuta nell’articolo 13 del Decreto Legislativo  15 giugno 2015, n. 81, che riportiamo di seguito:

“Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un  datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni   in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.”

Cosa vuol dire? 

Il contratto di lavoro a chiamata, o più propriamente contratto di lavoro intermitte, è una tipologia di rapporto di lavoro subordinato in cui il lavoratore non svolge le proprie mansioni con continuità, come avverrebbe per un contratto di tipo tradizionale, ma solo a seconda delle necessità del datore di lavoro

Quest’ultimo, infatti, può contattare il lavoratore o la lavoratrice quando ha bisogno di risorse umane aggiuntive, anche in modo non continuativo. 

In altre parole, i lavoratori a chiamata sono in attesa di essere contattati dal datore di lavoro in base alle necessità aziendali.

Come funziona?

Per legge, è obbligatorio redigere per iscritto il contratto intermittente, che deve prevedere l’indicazione dei seguenti elementi:

  • durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto di lavoro intermittente;
  • luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
  • trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
  • forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro nonché le modalità di rilevazione della stessa;
  • tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;
  • misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Per quanto concerne la retribuzione, il/la lavoratore/trice intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte e in proporzione alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita.

Quando può essere utilizzato questo contratto?

L’articolo 13 del succitato decreto legislativo fissa anche dei paletti per l’impiego del contratto di lavoro a chiamata o intermittente

Come si legge, infatti, può essere utilizzato ed offerto solo a lavoratori con meno di 24 anni (e comunque entro il venticinquesimo anno di età) o più di 55 anni, per un periodo massimo non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. Se si supera questo limite massimo, il rapporto si trasforma in un contratto di lavoro a tempo  pieno e indeterminato. 

Sono esclusi da questo limite i settori del  turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Quando non è possibile utilizzare il lavoro intermittente?

L’articolo 14 del decreto fissa anche i divieti all’utilizzo del contratto di lavoro a chiamata. 

Nello specifico, è vietato il ricorso al lavoro intermittente:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (articoli 4 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223) che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, oppure presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
  • ai datori di lavoro che non hanno svolto la valutazione dei rischi in applicazione della normativa a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Quanto previsto dalla normativa deve essere integrato e modificato dalla contrattazione collettiva prevedendo condizioni di miglior favore per le lavoratrici e per i lavoratori. Ricordiamo, inoltre, che per qualsiasi necessità è sempre possibile rivolgersi alla propria organizzazione sindacale per consultare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di riferimento applicato.

L’indennità di disponibilità

Il contratto di lavoro intermittente può avere una duplice natura, e prevedere quindi due modalità, le seguenti:

  • con garanzia di disponibilità: il lavoratore accetta di essere a disposizione dell’azienda per un certo numero di ore o in determinati periodi, anche se non è chiamato effettivamente a lavorare. Questo significa che il lavoratore si impegna a stare a disposizione per essere richiamato in base alle necessità dell’azienda. Se l’azienda decide di far lavorare il dipendente in un certo momento, il lavoratore è tenuto ad adempiere a tale richiesta;
  • senza garanzia di disponibilità: il lavoratore non è obbligato ad essere a disposizione dell’azienda in momenti specifici o per un certo numero di ore. Invece, il lavoratore e l’azienda concordano di volta in volta quando il lavoro sarà svolto. In questa situazione, il lavoratore ha maggiore flessibilità nella gestione del proprio tempo, ma potrebbe anche essere chiamato a lavorare in momenti inaspettati o poco convenienti.

Nel primo caso, però, quindi in presenza di una garanzia di disponibilità offerta dal lavoratore o dalla lavoratrice, è prevista la cosiddetta “indennità di disponibilità”, una somma determinata dai contratti collettivi e che non può comunque essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In caso di malattia, il lavoratore o la lavoratrice hanno l’obbligo di comunicare la propria indisponibilità al datore di lavoro, e non hanno diritto all’indennità di disponibilità per i giorni di assenza.

Inoltre, qualora il prestatore d’opera dovesse rifiutare, in maniera ingiustificata, di rispondere alla chiamata, può rischiare il licenziamento e deve restituire la quota di indennità di disponibilità riferita al periodo  successivo al rifiuto.

ENFEA è l’ente bilaterale costituito da CONFAPI e CGIL, CISL e UIL a cui aderiscono le imprese che applicano i CCNL UNIGEC/UNIMATICA, UNIONCHIMICA, UNITAL, CONFAPI ANIEM, UNIONTESSILE e UNIONALIMENTARI.

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