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Com’è regolato il contratto a tempo determinato?

Categoria: Lavoro
Dic 30, 2024
Redazione
Com'è regolato il contratto a tempo determinato

Il contratto a tempo determinato è una tipologia di accordo lavorativo caratterizzata dalla presenza di un termine temporale. La normativa che lo disciplina si concentra principalmente sui limiti legati alla durata.

In questo articolo analizzeremo innanzitutto cos’è il contratto a tempo determinato, quale sia la normativa vigente e in che modo si confronta con il contratto a tempo indeterminato.

Poiché la durata rappresenta un elemento cruciale di questa forma contrattuale, approfondiremo le regole che la definiscono, soffermandoci anche sulle possibili eccezioni alle disposizioni generali.

Successivamente, esploreremo il tema della proroga, per capire per quanto tempo sia possibile estendere il contratto.

Concluderemo esaminando i CCNL di riferimento per l’Ente Bilaterale Enfea, per comprendere quali margini di intervento offre la contrattazione collettiva in materia di contratti a termine.

Cos’è il contratto a tempo determinato?

La normativa italiana stabilisce che, come regola generale, il contratto di lavoro debba essere stipulato a tempo indeterminato, considerato la forma ordinaria del rapporto di lavoro subordinato.

Tuttavia, è possibile inserire un termine, ossia una scadenza, in un contratto di lavoro, ma solo in presenza di condizioni specifiche o situazioni particolari

Il contratto a tempo determinato, o contratto a termine, è infatti una tipologia di contratto subordinato in cui la durata è predeterminata e indicata espressamente tramite un termine finale riportato nel testo contrattuale.

Questa forma contrattuale è stata oggetto di numerose modifiche nel corso degli ultimi decenni. Attualmente, è regolata dal D.Lgs. 81/2015, noto come “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”, successivamente modificato dal DL 48/2023.

Secondo la normativa vigente, una lavoratrice o un lavoratore assunta con contratto a termine ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo previsto per i lavoratori a tempo indeterminato che siano inquadrati al medesimo livello contrattuale. Tale parità di trattamento deve essere garantita in proporzione alla durata effettiva del rapporto di lavoro, a meno che non vi siano incompatibilità obiettive legate alla natura del contratto a termine.

In caso di mancato rispetto dell’obbligo di parità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, sono previste sanzioni amministrative a carico del datore di lavoro.

L’unica differenza sostanziale tra i contratti a tempo determinato e indeterminato risiede quindi nel fattore tempo, tema che approfondiremo nei prossimi paragrafi.

Quanto può durare al massimo un contratto a tempo determinato?

La durata massima di un contratto a termine è di 12 mesi, ma può essere estesa fino a 24 mesi solo al verificarsi di una delle seguenti condizioni, note come “causali” (art. 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015):

  • casi previsti dalla contrattazione collettiva, ossia Contratti Collettivi Nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali rappresentative a livello nazionale, o, in mancanza, dai contratti aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria;
  • in assenza delle previsioni della contrattazione collettiva, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti;
  • sostituzione di altri lavoratori.

Se un contratto a termine supera i 12 mesi senza una delle condizioni previste, si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato a partire dal momento in cui viene superato il termine. Allo stesso modo, se viene superato il limite complessivo di 24 mesi, il contratto diventa a tempo indeterminato.

Inoltre, è possibile stipulare un ulteriore contratto a termine della durata massima di 12 mesi (oltre i 24 mesi complessivi) previa sottoscrizione della relativa procedura presso la competente sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro, detta “deroga assistita”.

Secondo l’art. 20 del D.Lgs. 81/2015, non è possibile apporre un termine al contratto di lavoro nei seguenti casi:

  • sostituzione di lavoratori in sciopero;
  • unità produttive che abbiano effettuato licenziamenti collettivi nei 6 mesi precedenti, coinvolgendo lavoratori con le stesse mansioni, salvo contratti per sostituire lavoratori assenti o assunzioni di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, e contratti con durata iniziale non superiore a 3 mesi;
  • unità produttive con sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per integrazione salariale, riguardanti lavoratori e lavoratori con mansioni equivalenti a quelle oggetto del contratto;
  • imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.

In tutti questi casi, l’indicazione di un termine rende l’accordo un contratto a tempo indeterminato.

Come funziona la proroga del contratto a tempo determinato?

La normativa vigente stabilisce che nei primi 12 mesi un contratto a termine può essere prorogato o rinnovato liberamente, senza particolari vincoli. Trascorsi i 12 mesi, la proroga o il rinnovo sono possibili solo in presenza di una delle causali menzionate nel paragrafo precedente.

Per prorogare un contratto a termine, è necessario:

  • il consenso del lavoratore;
  • che la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi;
  • un limite massimo di 4 proroghe nell’arco di 24 mesi.

Se si supera la quarta proroga, il contratto si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato.

Tra un contratto a termine e l’altro è previsto un intervallo obbligatorio di:

  • 10 giorni, se il contratto ha una durata fino a 6 mesi;
  • 20 giorni, se il contratto ha una durata superiore a 6 mesi.

Se questi intervalli non vengono rispettati, il secondo contratto diventa a tempo indeterminato.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro prosegua oltre la scadenza del termine, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione pari a:

  • 20% per ogni giorno di prosecuzione fino al decimo giorno;
  • 40% per ogni giorno successivo.

La trasformazione a tempo indeterminato avviene solo se la continuazione del rapporto supera:

  • 30 giorni, per contratti di durata inferiore a 6 mesi;
  • 50 giorni, per contratti di durata superiore a 6 mesi.

Le disposizioni relative a proroghe, rinnovi e intervalli non si applicano a:

  • lavoratori stagionali;
  • start-up innovative (entro i limiti temporali previsti);
  • casi individuati dai contratti collettivi.

Quanti dipendenti possono essere assunti a tempo determinato?

Il numero complessivo di contratti a tempo determinato per ciascun datore di lavoro non può superare il 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Ad esempio, se l’azienda ha 10 lavoratori a tempo indeterminato, potrà assumere al massimo 2 dipendenti a tempo determinato.

Esistono alcune deroghe a questa regola, che non si applicano in caso di disposizioni diverse dei Contratti Collettivi Nazionali stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi o dei contratti collettivi aziendali stipulati dai sindacati più rappresentativi o dalle loro RSA (rappresentanze sindacali aziendali) o RSU (rappresentanze sindacali unitarie).

Il limite del 20% non si applica anche in alcune situazioni particolari, come ad esempio:

  • assunzioni a termine da parte di datori di lavoro fino a 5 dipendenti;
  • avvio di nuove attività per i periodi previsti dai contratti collettivi;
  • assunzioni a termine da parte di start-up innovative;
  • assunzioni per ragioni sostitutive o stagionali;
  • assunzioni per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi;
  • assunzioni di lavoratori di età superiore ai 50 anni;
  • contratti a termine per attività di cooperazione allo sviluppo, insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica, assistenza tecnica, coordinamento e direzione, stipulati tra università private (incluse filiazioni di università straniere), istituti pubblici e privati di ricerca, attività presso istituti culturali statali o enti vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali (esclusi enti di produzione musicale), per esigenze temporanee legate a mostre, eventi e manifestazioni culturali.

La violazione del limite del 20% non comporta la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, è prevista una sanzione amministrativa, con importi calcolati come segue:

  • 20% della retribuzione per ciascun mese (o frazione superiore a 15 giorni), se il numero di lavoratrici e lavoratori assunti in violazione non è superiore a uno;
  • 50% della retribuzione per ciascun mese (o frazione superiore a 15 giorni), se il numero di lavoratrici e lavoratori assunti in violazione è superiore a uno.

Contratti a tempo determinato e CCNL

Come abbiamo visto, il legislatore, in tema di contratti a termine, lascia margini di manovra alla contrattazione collettiva. Vediamo quindi i CCNL di riferimento per l’Ente Bilaterale Enfea che prevedono disposizioni aggiuntive o diverse rispetto alla normativa vigente.

UNIGEC/UNIMATICA

Per stabilire un termine superiore ai 12 mesi, ma comunque entro i 24, è necessario che si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, o per la sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

UNIONCHIMICA

Per i contratti a termine e quelli di somministrazione, complessivamente intesi, l’impresa può utilizzare un numero medio di lavoratori, durante l’anno solare, non superiore al 25% rispetto al numero di lavoratrici e lavoratori con contratto a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. 

Un ulteriore incremento su base media annua, pari al 5%, può essere utilizzato per l’assunzione con contratto a termine.

UNITAL

Per le aziende in cui il 20% di dipendenti con contratto a tempo indeterminato risulti inferiore a 10, è comunque possibile assumere fino a 10 dipendenti con contratto a termine.

Nel caso in cui si ravvisi la necessità, con accordo aziendale, la percentuale di lavoratori a tempo determinato potrà essere aumentata in funzione delle specifiche esigenze aziendali.

CONFAPI ANIEM

Le proroghe del contratto a termine sono ammesse fino a un massimo di 5 volte, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato.

UNIONTESSILE

L’impresa può utilizzare contratti a termine e in somministrazione solo nella misura massima del 30% rispetto al totale dei lavoratori assunti a tempo indeterminato nell’arco dell’anno solare.

UNIONALIMENTARI

Per le fasi di avvio di nuove attività il limite massimo di durata del contratto a tempo determinato può raggiungere i 44 mesi.

Il limite numerico dei contratti determinati pari al 20% di quelli indeterminati, oltre ai casi previsti dalla normativa vigente, cade anche in caso di aumento della produttività, per esigenze di attività non programmabili stabilmente, con lavoratori con disabilità, in caso di proroga di contratto già in essere.

Gli intervalli tra un contratto a termine e l’altro sono ridotti a 5 giorni, per quelli inferiori a 6 mesi, e a 10 giorni per quelli che superano i 6 mesi.

In conclusione, è fondamentale conoscere la normativa vigente (anche alla luce delle sue periodiche revisioni nel corso degli anni), ma è altrettanto importante essere familiari con il proprio CCNL. Solo così è possibile essere consapevoli dei diritti e doveri legati al contratto a tempo determinato, nonché delle conseguenze derivanti da eventuali infrazioni.

ENFEA è l’ente bilaterale costituito da CONFAPI e CGIL, CISL e UIL a cui aderiscono le imprese che applicano i CCNL UNIGEC/UNIMATICA, UNIONCHIMICA, UNITAL, CONFAPI ANIEM, UNIONTESSILE e UNIONALIMENTARI.

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