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Il problema del mismatch tra domanda e offerta di lavoro

Categoria: Lavoro
Dic 29, 2025
Redazione
Una giovane professionista mostra dei dati su un laptop a due colleghi uomini in un ufficio, rappresentando il confronto necessario per superare il divario tra competenze richieste e profili disponibili.

Il mercato del lavoro italiano è afflitto da un profondo squilibrio sistemico, noto come “mismatch” o disallineamento. Questo fenomeno si manifesta in un duplice paradosso strutturale

  1. da un lato, una scarsità di competenze specifiche che le imprese faticano a reperire; 
  2. dall’altro, un crescente sottoutilizzo del capitale umano, con lavoratori che non trovano posizioni adeguate alla loro formazione. 

I dati dell’OCSE fotografano questa realtà: in Italia, il 36,5% degli occupati lavora in settori diversi dal proprio percorso formativo e il 38,5% ricopre posizioni per cui possiede un titolo di studio non corrispondente.

La dimensione del problema in Italia

La dimensione del problema in Italia è allarmante: nel primo semestre del 2025, le imprese hanno faticato a coprire quasi un’assunzione su due (47,6%), secondo il report CNEL-Unioncamere

difficolta di reperimento per settore

Si tratta di un’emergenza strutturale, come evidenziato dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che segnala come la percentuale di difficoltà nel reperire personale sia più che raddoppiata dal 2017, passando dal 21,5% al 49,4% a inizio 2025 (Fonte).

Le istituzioni hanno lanciato l’allarme sull’urgenza di intervenire. Renato Brunetta, Presidente del CNEL, ha sottolineato la necessità di una “svolta strutturale, soprattutto sul fronte dell’istruzione e della formazione per accrescere competenze scientifiche e tecnologiche”. Gli fa eco Andrea Prete, Presidente di Unioncamere, che definisce il mismatching un “problema molto critico” per l’economia italiana.

I Numeri del Mismatch

Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro non è solo un problema sociale, ma rappresenta un costo economico significativo.

Secondo le stime di Yliway, il fenomeno ha avuto un impatto sull’economia italiana pari a 44 miliardi di euro nel 2023, corrispondente al 2,5% del Prodotto Interno Lordo nazionale.

La summenzionata analisi del report CNEL-Unioncamere rileva una crescita occupazionale trainata principalmente dal settore dei servizi, in particolare turismo (+12,5%) e commercio (+6,9%). Si registra, tuttavia, una contrazione significativa nei comparti a più alta intensità di conoscenza, come l’ICT (-13,4%) e i servizi avanzati di supporto alle imprese (-8,8%), segnalando uno squilibrio strutturale.

Le previsioni per il prossimo quinquennio indicano che le imprese e la Pubblica Amministrazione avranno bisogno di assumere tra 3,3 e 3,7 milioni di persone. La stragrande maggioranza di questo fabbisogno, circa il 74%, sarà concentrata nel settore dei servizi.

Queste dinamiche divergenti, con una crescita nei servizi tradizionali e una contrazione nei comparti innovativi, pongono le basi per specifiche e acute difficoltà di reperimento professionale.

Le professioni e competenze più difficili da reperire

La difficoltà di reperimento del personale è particolarmente acuta in alcuni settori chiave. I dati del report CNEL-Unioncamere per il primo semestre 2025 evidenziano le seguenti criticità:

  • Costruzioni: 62,2% di difficoltà di reperimento
  • Industrie metalmeccaniche ed elettroniche: 59,7%
  • Servizi informatici e delle telecomunicazioni: 49,5%

A livello di categorie professionali, lo squilibrio è altrettanto marcato. 

Le criticità maggiori riguardano i dirigenti, con una difficoltà di reperimento del 61,0%, e gli operai specializzati (55,3%). 

Il mercato del lavoro italiano soffre, in particolare, di una carenza cronica di figure tecnico-scientifiche.

Le radici del mismatch, tra cause strutturali e dinamiche di mercato

Le radici di questo disallineamento affondano in dinamiche demografiche e tecnologiche profonde

  • declino demografico: la costante diminuzione dei giovani nel mercato del lavoro limita la disponibilità di nuova forza lavoro e complica il ricambio generazionale. È emblematico il dato secondo cui circa l’83% del fabbisogno occupazionale previsto per il prossimo quinquennio sarà destinato a sostituire i lavoratori in uscita per raggiunti limiti di età;
  • transizione digitale e gap di competenze: la transizione digitale sta accelerando la richiesta di nuove competenze, ma l’offerta non tiene il passo. Due aziende su tre (66%) segnalano problemi nel reperire figure adeguate per guidare questa trasformazione, un gap che non solo frena l’innovazione ma minaccia la competitività delle imprese italiane nel mercato globale. Questo divario è aggravato dal fatto che meno della metà dei lavoratori italiani (46%) possiede competenze digitali di base, a fronte di una media europea del 57%;
  • divario tra istruzione, formazione e fabbisogni aziendali: esiste un evidente divario tra l’output del sistema formativo e le reali esigenze del mercato. Solo il 28% dei laureati italiani ha un titolo in discipline STEM, a fronte di una media europea del 36%. Questo scollamento è particolarmente preoccupante se si considera che le previsioni per il 2025-2029 indicano che il 37% dei fabbisogni riguarderà laureati (soprattutto STEM) e diplomati ITS, mentre quasi la metà (46%) richiederà diplomati di istituti tecnico-professionali.

Le due facce del mismatch: sottoutilizzo e sovraqualificazione

Se da un lato le imprese faticano a trovare competenze, dall’altro esiste il paradosso della sovraqualificazione

Secondo il rapporto Legacoop-Prometeia, il livello medio di istruzione dei lavoratori italiani è aumentato, passando da 11,3 anni di studio nel 2011 a 12,6 anni nel 2022. Tuttavia, a questo miglioramento non è corrisposta un’adeguata crescita della domanda di lavoro qualificato (Fonte). 

Di conseguenza, la percentuale di lavoratori sovraqualificati è passata dal 7,8% nel 2011 al 12,7% nel 2022.

Le conseguenze della sovraqualificazione sono tangibili, a partire dalla penalizzazione salariale. Nel settore industriale, ogni anno di studio oltre il livello richiesto dalla posizione lavorativa viene retribuito solo al 67% del suo valore reale

I soggetti più penalizzati da questo fenomeno sono i giovani e le donne. La quota di sovraqualificati tra i 25-29enni è superiore di 7,3 punti percentuali rispetto a quella dei 60-65enni. 

Anche il divario di genere è significativo: nel settore industriale, le donne con un’istruzione adeguata al ruolo guadagnano in media il 12% in meno degli uomini, un divario che sale al 23% in caso di sovraqualificazione.

Come colmare il divario di competenze?

Una leva strategica per ridurre il disallineamento è il potenziamento dell’istruzione tecnica. Come detto, il 46% dei fabbisogni futuri richiederà diplomati tecnico-professionali, rendendo questo percorso formativo essenziale. 

Per migliorare l’incontro tra domanda e offerta sono stati sviluppati strumenti innovativi. Il Sistema informativo sulle professioni dell’INAPP, nato dalla collaborazione con Istat, rappresenta uno strumento pubblico avanzato. Basato su tecnologia Linked Open Data (LOD) e organizzato attorno alla classificazione delle professioni CP2021, integra dati da diverse fonti istituzionali per offrire un panorama completo delle professioni e dei fabbisogni

Un altro strumento chiave è la piattaforma SIISL (Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa), gestita dall’INPS, che sfrutta l’intelligenza artificiale per offrire un sistema di matching avanzato.

Anche le aziende hanno un ruolo fondamentale, ma gli investimenti in formazione sono ancora insufficienti: solo il 57% delle imprese italiane ha investito in attività formative nel 2023. 

Il divario è particolarmente marcato tra piccole e grandi imprese: ha investito in formazione informatica solo il 22,3% delle microimprese contro il 70,7% delle grandi.

Conclusioni

Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è un problema strutturale per l’Italia, alimentato dal declino demografico e accelerato dalla transizione digitale. Con un costo economico elevato e un paradosso sociale legato alla crescente sovraqualificazione, questo fenomeno frena la competitività del sistema produttivo

Le strategie delineate non rappresentano semplici correttivi, ma costituiscono un imperativo strategico per la competitività nazionale. Colmare il divario di competenze significa sbloccare il potenziale di produttività, favorire una crescita economica sostenibile e costruire un mercato del lavoro più equo e resiliente, in grado di affrontare le sfide del futuro.

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